No al "sì" alla fine dell'Inno di Mameli, le perplessità del Maestro Visco: "Il problema sono i versi bellicosi" (foto Ansa-Blitzquotidiano)
In un’intervista a La Stampa, Ciro Visco, Maestro del coro dell’Opera di Roma commenta la modifica all’Inno di Mameli, mostrando tutta la sua perplessità su quel “sì” gridato alla fine espunto, cassato appunto dalla modifica.
“Sì, perché nello spartito di Michele Novaro c’è, anche se non c’è nei versi di Goffredo Mameli. Però mi sembra un problema secondario. Intanto perché l’Inno, a volerlo eseguire integralmente, ha un testo che non finisce più, sono cinque strofe, e sfido chiunque a ricordarsele tutte. E sono parole bellicose, auliche, retoriche, l’elmo di Scipio, la chioma da porgere, la schiava di Roma, non è che un ‘sì’ in più o in meno faccia tutta questa differenza. Certamente non è proprio un inno alla pace, invoca la guerra e le armi”.
“Ricordo – aggiunge – che al Carlo Felice lo eseguimmo per una volta tutto, e qualcuno storse il naso per una delle strofe, non ricordo più quale, che pareva troppo ‘forte’. Bisogna contestualizzare: l’Inno di Mameli è figlio del suo tempo, di un periodo storico che non è il nostro. Di sicuro non è un ‘sì’ a cambiarne la sostanza”.
“Magari – prosegue il maestro – non è proprio musica bellissima, ma che importa? Come dicevo: funziona. E poi la musica può essere bella o brutta, ma anche il contrario. Dipende dall’approccio, dal contesto, dall’esecuzione e da mille altri fattori”. Qual è l’Inno nazionale più bello del mondo? “A questo non so rispondere. L’Inno più bello è quello del tuo Paese. Quindi sì, rispondo: il nostro” conclude Ciro Visco.