Cronaca

Trump vuole far esaminare i social media dei turisti stranieri in ingresso

I viaggiatori provenienti da Paesi aderenti al Visa Waiver Program – tra cui Italia, Regno Unito, Francia, Germania e Corea del Sud – potrebbero presto affrontare controlli molto più invasivi prima di entrare negli Stati Uniti. Una nuova proposta della U.S. Customs and Border Protection (C.B.P.), depositata nel Federal Register, prevede la raccolta di un’enorme quantità di dati personali, includendo la revisione fino a cinque anni dell’attività sui social media.

Attualmente chi utilizza il Visa Waiver può soggiornare negli USA fino a 90 giorni senza visto, richiedendo online l’autorizzazione Esta. La nuova proposta cambierebbe radicalmente la procedura: secondo il New York Times, ai richiedenti potrebbero essere chiesti tutti gli account social degli ultimi cinque anni, gli indirizzi email usati nell’ultimo decennio e i dati anagrafici completi dei familiari diretti. Il provvedimento arriva mentre il governo prevede anche l’introduzione di un nuovo visa integrity fee da 250 dollari, che però non si applicherà ai viaggiatori Visa Waiver.

Reazioni e proteste: dal turismo ai diritti digitali

Il settore turistico ha espresso forte preoccupazione sia per l’inasprimento dei controlli sia per la nuova tassa. Una coalizione di oltre 20 aziende aveva già criticato il visa integrity fee, temendo un calo dei flussi turistici. Alla preoccupazione economica si aggiunge quella procedurale: secondo un rappresentante anonimo del settore, la proposta della C.B.P. è stata resa pubblica senza consultazione preventiva ed è “un’escalation significativa nelle procedure di controllo dei viaggiatori”.

Anche esperti di immigrazione e diritti digitali hanno criticato la misura. Lo studio legale Fragomen parla di un vero “cambiamento di paradigma”, poiché i dati online non verrebbero più usati solo per verifiche puntuali, ma come base per valutazioni discrezionali su comportamenti e opinioni. Sul fronte della privacy, Sophia Cope dell’Electronic Frontier Foundation avverte che l’obbligo di dichiarare gli account social “aggraverà i danni alle libertà civili”, mettendo a rischio libertà di espressione e riservatezza, senza prove dell’efficacia di tali controlli contro vere minacce.

Tempi, consultazioni e possibili effetti futuri

La C.B.P. ha aperto una finestra di 60 giorni per raccogliere commenti pubblici prima di procedere con eventuali modifiche o approvazioni. Se la proposta sarà confermata, l’implementazione potrebbe avvenire gradualmente nei mesi successivi, con un potenziale aumento dei tempi di attesa per l’autorizzazione al viaggio e un maggior numero di controlli approfonditi. Al momento, l’agenzia non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma gli esperti avvertono che l’adozione delle nuove regole potrebbe ridisegnare in modo significativo l’esperienza di ingresso negli Stati Uniti per milioni di viaggiatori.

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Francesca Ripoli