Proviamo a spiegare cosa succede e perché, purtroppo, “c’entriamo”. Nel 2008 e ancora nel 2009 l’intero sistema finanziario e del credito viene a trovarsi in una situazione di bancarotta: le più grandi banche del mondo, compresa probabilmente la vostra, quella dove avete un semplice conto corrente, hanno “in pancia” montagne di crediti di fatto inesigibili, soldi che i debitori non sono in condizione di pagare. Succede perché hanno prestato troppo e con pochissime garanzie, succede perché hanno puntato a trasformare milioni di consumatori in debitori, succede perché hanno lavorato sull’ipotesi che il debito sommato al debito, moltiplicato per il debito, generasse ricchezza. Si chiamano “bolle” e la bolla esplode: le banche, anche la vostra, potrebbero fallire, chiudere e rispondervi: “Ripassi, oggi non c’è un euro” se voi foste andate a ritirare contanti. Il fallimento, non solo delle banche ma di tutta l’economia, lo smontaggio dell’ordine e della sicurezza sociale vengono evitati solo perché gli Stati e i governi emettono un planetario e gigantesco “Pagherò”. Garantiscono loro per le banche, danno loro alle banche i soldi che le banche “in pancia” potrebbero non avere più.
Il mondo evita il fallimento, di questo e non di altro si trattava. Ma ovviamente non lo evita gratis. Da dove li prendono Stati e governi i soldi per garantire e finanziare le banche? Non li coltivano nei campi e neanche li stampano in tipografia. Li prendono a debito, andando in deficit su base annuale e alzando la percentuale del debito rispetto alla ricchezza prodotta. Deficit e debito che contano prima o poi di poter ripagare, altrimenti, alla lunga, saranno loro a trovarsi nella condizione in cui erano le banche che hanno salvato, nella condizione di non potere più pagare, anche le vostre cedole sui Bot, anche il vostro stipendio o pensione, anche i costi del vostro ospedale o scuola.
Perché Stati e governi possano ridurre deficit e debito occorre che l’economia complessiva torni a produrre ricchezza, il famoso Pil. Solo se c’è quota crescente di ricchezza prodotta una parte di questa può essere destinata a pagare deficit e debito. La quota minima di aumento della ricchezza sufficiente e necessaria per recuperare un po’ dei posti di lavoro perduti e per iniziare a ripagare il debito è tre cento. Più tre per cento di Pil. L’Europa però viaggia abbondantemente sotto questa quota. E quindi, se non c’è e neanche si intravede quel tre per cento, il dubbio che Stati e governi non ce la facciano diventa meno soldi prestati a Stati e governi o soldi prestati a tassi più alti. Alla lunga diventa bancarotta di Stato, lo Stato non paga più, anche il vostro.
Prima di affogare nella bancarotta gli Stati e i governi possono fare un altro paio di cose, entrambe pericolose e dolorose. Possono aumentare le tasse, ma, se lo fanno, si giocano il consenso e una quota di Pil, cioè di ricchezza in via di produzione. Possono dar via libera all’inflazione che riduce il valore reale della moneta e quindi anche del loro debito. Ma, se lo fanno, si giocano forse la stessa democrazia. Stati e governi, soprattutto d’Europa, sono ancora relativamente lontani da queste alternative del diavolo e sono ancora molto distanti dalla bancarotta. Ma, se il deficit annuale è al dieci per cento, il debito al cento per cento del Pil e la “ripresa” è un per cento, allora è verso il “default” che pian piano si scivola.
Nel frattempo il sistema del credito, le finanziarie, le banche danno una mano nella discesa: incassano i soldi di Stato al tasso di interesse dello 0,5 per cento e ci comprano titoli di Stato all’un per cento di rendita. Fanno finanza e non investono, non prestano, non rischiano. Così tirano giù nella discesa Stati e governi. Pochi investimenti, poca produzione, poca ricchezza prodotta, meno posti di lavoro e salari. E’ questo il circolo altamente vizioso. Nessuno l’ha spezzato finora e il circolo, lentamente anche se non inesorabilmente, si stringe. Anche intorno a te che pensi, sbagliando, “Sì, ma io che c’entro'”.