Ex pornotax, l'Agenzia delle Entrate precisa chi deve pagare. Ma non può spiegare cos'è pornografico e cosa no (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Porno fiscalmente ‘salato’: anche le partite Iva in regime forfettario dovranno pagare la tassa etica, il prelievo aggiuntivo del 25% sui ricavi dalla produzione di materiale pornografico, la vecchia ‘Pornotax’.
La precisazione dell’Agenzia delle Entrate è contenuta nella risposta ad un interpello (una richiesta formale di interpretazione) di un contribuente dello scorso 4 novembre e potrebbe riguardare chi, ad esempio, fattura su Onlyfans. Ma per stabilire se un contribuente debba pagare o meno si valuterà caso per caso.
“Se esercitano attività rientranti tra quelle individuate dalla disciplina (articolo 1, comma 466, legge n. 266/2005), come la produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico o di incitamento alla violenza, anche i contribuenti in regime forfettario versano la Tassa etica”, precisa l’Agenzia sulla propria webzine, FiscoOggi.
Anche questi contribuenti – si precisava – “sono tenuti al versamento del tributo, in quanto non espressamente esclusi dalla normativa vigente”. Ma il contribuente dell’interpello non ci sta e a sua volta contesta.
“Vi è una lacuna normativa sull’applicabilità della tassa ai forfettari e che, in assenza di indicazioni ufficiali, risulta impossibile calcolare e versare correttamente le somme eventualmente dovute. La norma istitutiva della tassa non distingue tra regimi fiscali, ma si limita a indicare imprese e professionisti. Inoltre nessun documento chiarisce l’obbligo per i soggetti in regime forfettario e che la risoluzione istitutiva dei codici tributo, fa riferimento solo ai contribuenti Irpef e Ires, escludendo i regimi agevolati come quello dei minimi e, per analogia, quello forfettario”.
Insomma un vespaio ma le Entrate chiariscono che il forfettario è un regime fiscale agevolato e nonostante preveda un’imposta sostitutiva, questa non esclude l’applicazione della tassa etica, in quanto tale imposta non rientra tra quelle sostituite dal regime agevolato.
Resta un dubbio che però nel documento l’Agenzia non chiarisce: cosa è pornografico e cosa no? La tassa colpisce “giornali e ogni opera teatrale, letteraria, cinematografica, audiovisiva o multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti”. Ma – si interrogano alcuni operatori – se si pubblicano su Onlyfans le foto dei propri piedi si rientra nella fattispecie e bisogna pagare la tassa? Non è chiaro chi dovrà rispondere a questa domanda e appare improbabile che la stessa amministrazione finanziaria impieghi funzionari a tal fine.
Nata nel 2002 da un’idea del deputato di Fi Vittorio Emanuele Falsitta la Pornotax non ebbe vita semplice. Lo stesso Falsitta, giovane avvocato triburtarista di Milano e allora relatore della delega fiscale del governo, la ritirò improvvisamente dopo aver presentato una proposta per la manovra. Ma la storia della pornotax non finì lì: “La reintrodurrò certamente – annunciò Falsitta – anche perchè è condivisa da un pubblico veramente esteso”. Ma così non fu e a ritirarla fuori ci pensò la deputata di An Daniela Santanchè e relatrice della Finanziaria.
Chiaramente osteggiata dai produttori del porno, che però nel frattempo avevano spostato la produzione soprattutto verso l’Est, la tassa continua a non piacere: “Tassare di più i lavoratori che si ritiene facciano un lavoro immorale, seppure legale, non ha nulla di etico. Per questo già in questa legge di bilancio abbiamo proposto di cancellare la tassa etica”, dicono la vicepresidente di Azione Giulia Pastorella ed il senatore Marco Lombardo.