Economia

Mps ha conquistato Mediobanca, Generali e i miliardi di Btp non cadranno in mani francesi

Ora che Mps ha conquistato Mediobanca, l’attenzione si sposta sulle Generali, di cui Mediobanca da sola ha il 13%. Ma ora, sommando le varie partecipazioni, il controllo italiano arriva alla blindatura del 50%.

Questo è l’obiettivo finale della lunga marcia che ha portato la banca senese fino a poco tempo fa data per spacciata alla conquista di quello che una volta era considerato il sacrario, il sancta sanctorum, della finanza privata italiana.

L’evoluzione richiederà tempo e il riassetto complessivo dovrebbe essere completato entro la fine del 2026 scrive Daniela Polizzi a conclusione di un articolo ben informato sui prossimi sviluppi dopo la conquista.

La volontà appare quella di comporre un Consiglio di amministrazione con le competenze di alto livello e il giusto grado di autonomia. Se Mediobanca continuerà a essere quotata, gli investitori istituzionali — con fondi internazionali come Vanguard, Norges e BlackRock che hanno aderito all’Opas dando un chiaro sostegno al Monte — si aspetta un assetto di mercato. Il vertice di Siena è al lavoro anche per identificare il futuro ceo che, da quanto emerge, dovrà avere un profilo da investment banker, meglio se con esperienza internazionale.

Per ora Lovaglio sembra voler procedere verso una «combinazione» tra due banche, più che verso una fusione. Si potrebbe trattare comunque di una governance in evoluzione per il nuovo gruppo che nascerà, e probabilmente vedrà alcuni passaggi intermedi.

Salvare i talenti di Mediobanca

Mps ha conquistato Mediobanca, Generali e i miliardi di Btp non cadranno in mani francesi – Blitzquotidiano.it (Alberto Nagel nella foto ANSA)

L’urgenza in questa fase è preservare le risorse e i talenti all’interno di Mediobanca. E qualche contatto con il team operativo ci sarebbe già stato. È centrale per Siena continuare a valorizzare le aree chiave di Piazzetta Cuccia. A partire dal private banking che segue le grandi famiglie industriali e anche a cavallo dell’estate ha visto l’ingresso di nuove masse in gestione con il contributo dei banker che rimangono fedeli al marchio anche nel momento di transizione; la divisione Mediobanca Premier cui fanno capo la rete proprietaria e dei consulenti; infine il Corporate e investment banking, cuore storico dell’attività dell’istituto milanese.

Lovaglio è d’altronde abituato a utilizzare al meglio le risorse delle banche che ha guidato, come dimostrano il caso di Mps e quelli passati di Creval e Bank Pekao.

Ma l’obiettivo principale sarà quello di fare saltare l’accordo fra Generali, di cui oggi MPS e i suoi principali azionisti privati detengono ormai il 50% e la francese Metaxis. L’operazione, secondo molti, avrebbe sottratto Generali al controllo italiano, francesizzando il gruppo assicurativo di Trieste.

Francesi, giù le mani da Generali

Se si considera che Generali ha in portafoglio di titoli di Stato italiani per 36 miliardi, in forte calo rispetto alla sessantina del 2013, riesce facile capire la benevolenza mostrata dal Governo italiano alla scalata di Mps in Mediobanca.

L’operazione è così descritta dal sito dell stessa Generali.

Il 21 gennaio 2025 Generali ha annunciato la firma di un memorandum d’intesa per la creazione di una joint venture controllata pariteticamente con BPCE, secondo gruppo bancario francese e quarto nella zona euro

La nuova società metterebbe assieme le attività di asset management facenti capo, rispettivamente, a Generali Investments Holding e a Natixis IM, portando alla creazione di un operatore globale da €1.900 miliardi di masse gestite, al nono posto a livello mondiale e leader nell’asset managementin Europa con €4,1 miliardi di ricavi.

La società risultante dall’aggregazione sarebbe controllata in modo condiviso dalle due istituzioni finanziarie – ciascuna con una quota del 50% – operando con una struttura di governance congiunta e secondo criteri paritetici di rappresentanza e controllo.

Generali Investments Holding apporterebbe oltre €0,6 trilioni in asset, mentre il contributo di BPCE, tramite Natixis IM, sarebbe di €1,3 trilioni. Si tratterebbe, pertanto, della nascita del leadereuropeo cross-border nel campo della gestione del risparmio, con presenza significativa negli USA e un potenziale di crescita in Asia, a guida congiunta italiana attraverso Generali, e francese attraverso BPCE.

La società rappresenterebbe anche il primo operatore al mondo nella gestione di asset per la clientela assicurativa, con l’obiettivo di sviluppare la piattaforma come leader globale ed espandere ulteriormente questo segmento in crescita.

Francesco Spini sulla Stampa fa il present’arm a Nagel, senza risparmiargli alcune critiche.

Nell’ultimo decennio Nagel ha trasformato Piazzetta Cuccia da “salotto buono” a banca d’affari normalizzata. Con un solo gioiello rimasto nel caveau, il 13% delle Generali, da cui arriva un terzo degli utili. Visti i buoni risultati, il mercato lo ha a lungo sostenuto salvo poi, all’ultima curva, aderire all’offerta di Mps divenuta più generosa. Ma l’idea, coltivata a lungo da Nagel, che “il mercato” fossero solo i fondi (per lo più esteri) e non anche Mps, o azionisti forti quali Caltagirone e Delfin lo ha portato a uno scontro inedito: manager contro soci, potere contro soldi.

Anziché procedere a una composizione, Nagel ha scelto il muro contro muro. Dal no a Del Vecchio sullo Ieo, fino all’avallo dell’accordo Generali–Natixis, che, almeno in parte, allontanerebbe da Trieste il baricentro della gestione di oltre 600 miliardi di masse.
Questo non solo ha irritato i soci che da anni lavorano a una gestione alternativa del Leone, ma anche il governo del sovranismo. Dietro le quinte, ha fatto di questa battaglia la sua battaglia, di Mps (di cui mantiene l’11%) il proprio ariete. I critici vedono nella svolta la conquista di Roma sul potere finanziario milanese, fin qui autonomo dalle logiche politiche della capitale. Sta al nuovo corso dimostrare che questo timore sia solo un abbaglio. Di certo è l’inizio di una nuova era.

Sul Quotidiano Nazionale, Andrea Ropa ci dà le ultime notizie: “La Borsa brinda al successo dell’Opa: nelle ultime quattro sedute Siena ha guadagnato il 13,5%, Mediobanca il 12,9%, dopo aver toccato il massimo storico a 22 euro (+3,4%)”.

Sul mercato l’entusiasmo è palpabile. A Piazza Affari ieri Mediobanca ha chiuso a 21,82 euro, mentre Mps ha terminato a 8,29 euro, sfiorando i livelli dell’aumento di capitale 2022. L’Opas valorizza Piazzetta Cuccia 21,89 euro per azione, con un premio dello 0,33% rispetto ai valori di mercato. L’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps ha raccolto il 62,3% del capitale della banca milanese, garantendo a Siena il pieno controllo di Mediobanca, l’attivazione rapida dei crediti fiscali e la possibilità di dispiegare appieno le sinergie industriali. Un risultato superiore alle attese, che ha convinto Deutsche Bank ad alzare per la seconda volta in una settimana il target price del Monte, ora a 11 euro.
E aggiunge un dettaglio interessante riguardante I top manager di Mediobanca e le vendite delle azyda loro detenute: il presidente Renato Pagliaro ha ceduto 200mila azioni a un prezzo medio di 20,152 euro, incassando circa 4,1 milioni. Si tratta solo di una parte dei 2 milioni di titoli in portafoglio al manager, ma la vendita conferma che il suo percorso a Piazzetta Cuccia, iniziato all’età di 24 anni dopo la laurea alla Bocconi, è giunto ai titoli di coda.

Con Pagliaro altri manager di Mediobanca, coerentemente alla posizione assunta riguardo all’Opas, avevano deciso di vendere e non aderire al progetto di Siena: dall’ad di Mediobanca premier e Compass, Gian Luca Sichel, al segretario del cda, Massimo Bertolini, dal capo del legale, Stefano Vincenzi, alla responsabile delle risorse umane, Alexandra Young. L’ad Alberto Nagel resta il principale azionista interno con oltre 3,2 milioni di azioni, mentre il dg Francesco Saverio Vinci ne detiene 1,4 milioni.

Published by
Mario Tafuri