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Feltri: Dossier Boffo da Tarcisio Bertone via Santanchè-Bisignani. Replica: Querelo

di Emiliano Condò |3 Luglio 2014 14:41

Feltri: “Carte su Boffo da Bertone via Santanchè-Bisignani”. Replica: Querelo

ROMA – Vittorio Feltri fa i nomi cinque anni dopo. Nomi importanti, quelli che gli sono valsi, a suo dire, una sospensione di tre mesi dall’Ordine dei Giornalisti per la vicenda di Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire che rassegnò le dimissioni proprio in seguito a quei fatti. Secondo Feltri quelle notizie erano arrivate dal suo condirettore Alessandro Sallusti che a sua volta le avrebbe avute da Tarcisio Bertone. Un giro complesso che coinvolge, secondo Feltri, anche Daniela Santanché e il giornalista Luigi Bisignani, quelli che avrebbero materialmente dato il materiale a Sallusti.

Era il 2009 e allora, ovunque, quanto accaduto divenne un simbolo di certo giornalismo. Col nome di “metodo Boffo” si iniziò a indicare un sistema di “killeraggio mediatico”, un modo per togliere di mezzo avversari politici e personaggi scomodi attraverso la diffusione di notizie ad hoc, un sapiente mix di verità e diffamazione.

Nel caso di Boffo il Giornale di Feltri pubblicò due documenti. Un primo, autentico, era relativo a una vicenda di molestie telefoniche ai danni di una ragazza. Vicenda che si concluse per Boffo, con un’ammenda e un decreto penale di condanna. Il secondo, però, era un tarocco che descriveva Boffo come un omosessuale “attenzionato dalla polizia”.

Feltri spiega a Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia dell’Espresso da dove arrivarono quei documenti. Parole che Feltri spiega di aver già pronunciato nel 2012 davanti al pm di Napoli che indagava sulla faccenda. Un giro complesso:

Nessuno prima di oggi sapeva che nel 2012, in effetti, il pm Gianfranco Scarfò in forza alla procura partenopea chiamò Feltri in gran segreto nei suoi uffici sotto il Vesuvio, per interrogarlo come persona informata sui fatti. Il magistrato stava cercando di capire chi era entrato nel casellario giudiziario per cercare informazioni su Boffo, e chiese così al giornalista quale fosse la genesi della notizia infamante pubblicata il 28 agosto 2009 sulla prima pagina de “Il Giornale”, nella quale il direttore del quotidiano cattolico veniva descritto come “noto omosessuale attenzionato dalla polizia”.

«Dissi al pm che la catena era Santanchè, Bisignani, Bertone… è quello che mi fu detto da Sallusti, quando lui era condirettore», ricorda Feltri. «Dopo, non so se fosse vero… Io ero il direttore, e mi sono fidato senza pormi tanti problemi. Mi sembrava che fosse assolutamente credibile. Però io non so se posso dirvi queste cose, il magistrato mi chiese di non raccontarle a nessuno… Anche se dopo tanto tempo, forse, si possono dire».

La tesi di Feltri è che il suo peccato, se ci fu, fu quello di fidarsi troppo dei suoi informatori. Di non aver approfondito a sufficienza. Ancora Fittipaldi e Trocchia:

«C’era una fotocopia dove si raccontavano certi fatti, io ho dato un’occhiata», ammette Feltri a “l’Espresso”. «Quando ho saputo che la fonte era quella ovviamente mi sono fidato. Poi non lo so… visto quello che è successo facevo bene a non fidarmi. È facile dirlo dopo, ma quando il tuo condirettore ti viene a dire una cosa del genere, non è che metti in dubbio la sua parola. Nel pomeriggio mi hanno detto che era tutto tranquillo, tutto normale. Io ho dato il via alle pubblicazioni senza la minima preoccupazione. Ho detto al magistrato che Sallusti mi disse che l’origine di quella velina era Bertone. Non potevo fregarmene di questa roba, mi ha detto che la fonte, la provenienza era quella. Mi sono fidato».

Oltre a Bertone, Feltri (che al “Foglio” spiegò che la velina gli era arrivata «da una personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente») ha dichiarato al magistrato che Sallusti gli fece anche i nomi di Luigi Bisignani, da poco condannato per associazione a delinquere per l’inchiesta P4, e Daniela Santanchè, che sarebbero stati una sorta di “passacarte” per conto del prelato. Una volta davanti al magistrato l’attuale direttore de “Il Giornale” ha negato in toto la versione del suo vecchio maestro.

La ricostruzione dell’Espresso e di Vittorio Feltri scatena le reazioni dei protagonisti. Sia il Cardinale Tarcisio Bertone, sia Daniela Santanché annunciano querela:

La smentita di Bertone. In relazione alla notizia anticipata dall’Espresso sul “caso Boffo”, il cardinale Tarcisio Bertone “smentisce categoricamente la ricostruzione falsa e offensiva che è stata fatta”. L’ex segretario di Stato afferma che non ha “mai consegnato nessuna ‘velina’ su Boffo a chicchessia, né tanto meno è stato all’origine di tale fatto”. Spiega anche che “dell’incresciosa vicenda dell’ex direttore di Avvenire ha appreso dai mass media”. “Per questo nuovo e ingiustificato attacco alla sua persona”, il card. Bertone “si riserva di adire le vie legali”.

Quella di Daniela Santanchè.  “In merito alla anticipazione di Dagospia del settimanale L’Espresso sul caso Boffo, Daniela Santanchè smentisce categoricamente la fantasiosa ricostruzione che Vittorio Feltri avrebbe fatto davanti ai magistrati della procura di Napoli che la vorrebbero in qualche modo coinvolta nella diffusione della notizia sulla condanna dell’allora direttore di Avvenire”. E’ quanto si legge in una nota del deputato Fi. “Quello che leggo – prosegue – è frutto di supposizioni maligne e squallidi pettegolezzi che mi sorprende vengano accreditati da un giornalista autorevole. Non capisco a che titolo io venga chiamata in causa in una vicenda che non conosco e che ho appreso dalla lettura dei giornali. Ovviamente mi riservo di tutelare la mia immagine in ogni sede”.

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