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Abruzzo, la luna di miele tra la Meloni e gli italiani non è finita. Con questo campo largo…

di Bruno Tucci |11 Marzo 2024 12:59

foto ANSA

Non si può assolutamente dire che la luna di miele fra Giorgia Meloni e gli italiani sia finita. In Abruzzo il centro destra ha stravinto lasciando le briciole agli avversari. A quel campo largo, anzi larghissimo, che era nato per battere la maggioranza e dare, dopo quello della Sardegna, un altro ceffone alla premier. I tre partiti che governano il Paese non hanno ceduto di un millimetro, anzi. Forza Italia che molti, dopo la morte di Berlusconi, la davano in agonia ha fatto un inaspettato passo in avanti; la Lega è risalita fin quasi a sfiorare la doppia cifra; Giorgia, insieme con la lista Marsilio, è andata vicinissima al trenta per cento. Insomma, una vittoria che non ammette eccezioni e rafforza il governo. “Ha vinto la verità invece che la menzogna”, ha detto il presidente Marco Marsilio. “Guiderò la mia regione per altri cinque anni per portare a termine il lavoro già iniziato”.

Dall’altra parte della barricata, con tutta probabilità, voleranno gli stracci e si darà la colpa agli altri per il flop, mai a se stessi. Giuseppe Conte si lecca le ferite, ha perso per la strada si e no dodici punti. Vuol dire che deve chiudersi in se stesso e piangere lacrime amare? Quando mai. Punterà il dito contro la Schlein ricordandole (se ce ne fosse bisogno) che in Sardegna hanno vinto grazie alla scelta di una candidata che ha saputo ricompattare la minoranza, sia pure senza Carlo Calenda e Matteo Renzi. In Abruzzo, invece, il compito è toccato al Pd ed ecco il tonfo. Non solo, ma ora più che mai aumenteranno le divisioni perché i grillini vogliono essere certamente loro i primi interlocutori. Non è escluso che il patto con i dem vada a farsi benedire e si dovrà ricominciare da capo.

Se Conte piange, Elly non ride, perché è vero che la supremazia nella sinistra è “roba sua”, ma dovrà difendersi dalle palle avvelenate di quei moderati che non vedono l’ora di rimandarla a casa. Non sarà un compito semplice, se possibile più complicato di quello che ha dovuto affrontare da quando siede sulla poltrona più prestigiosa di via del Nazareno. Hai voglia ad avere accanto l’ultra sinistra di Fratojanni e Bonelli, lo scontro sarà duro e non è scontato chi riuscirà ad avere partita vinta.

Carlo Calenda e Matteo Renzi meritano un discorso a parte. Il primo è salito sul carro del campo largo sicuro che la discesa di Giorgia sarebbe continuata, nonostante lui avesse detto peste e corna dei 5Stelle. Non due o tre mesi fa, proprio alla vigilia della competizione. Ma si sa, la politica è l’arte del compromesso e nessuno si scandalizza. Renzi, al contrario, ha detto sì al campo largo perché cerca disperatamente di non uscire dal giro. Ora gli manca soltanto l’Europa. Se anche lì dovesse fallire, la sua stella tramonterebbe definitivamente. Ma tutti gli esponenti di vertice della sinistra erano convinti di ripetere l’exploit della Sardegna. Il più sicuro di tutti il solito Giuseppe Conte che aveva esclamato: “Ormai il feeling degli italiani con la Meloni è finito. Dopo l’Abruzzo i nodi verranno al pettine e si tornerà al voto per eleggere un nuovo governo”. Una profezia che non conosce aggettivi.

L’unico non responsabile di questa batosta è lui, il candidato che avrebbe dovuto contrastare il passo a Marco Marsilio. Luciano D’Amico, gran brava persona, rettore dell’università di Teramo, a cui i caporioni dell’ammucchiata avevano fatto credere che sarebbe stato lui il governatore dell’Abruzzo. Non avvezzo alle parole ed alle promesse dei politici, aveva risposto sì a quanti gli avevano proposto la candidatura alla presidenza. E ora? Tornerà alla sua università con gli studenti che gli vogliono bene perché ha saputo creare un ottimo clima in quell’ateneo.

“Bisogna uscire di scena prima che si spengano le luci”, dicono i vincitori ai perdenti. Poche, invece, le parole della premier. Sognava una vendetta dopo il montante da KO subìto in Sardegna. E’ riuscita nell’intento, ma nemmeno per lei i tempi saranno facili. La speranza è che almeno Matteo Salvini si plachi e ricordi di essere uno dei due vice premier della maggioranza. Basta frecciate più o meno nascoste alla presidente del Consiglio. L’Abruzzo ha insegnato che solo uniti si vince non con i campi larghi o larghissimi, ma solo risolvendo i problemi che assillano migliaia e migliaia di italiani. Pace almeno da qui alle europee di giugno.

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