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Crisi, ancora sotto i livelli pre-2008. Ma traina l’automotive (Fiat), scrive Giuseppe Turani

di Maria Elena Perrero |10 Agosto 2017 21:34

Crisi, ancora sotto i livelli pre-2008. Ma traina l'automotive (Fiat), scrive Giuseppe Turani

Crisi, ancora sotto i livelli pre-2008. Ma traina l’automotive (Fiat), scrive Giuseppe Turani

ROMA – I conti delle imprese italiane sono migliorati grazie all’automotive, cioè alla Fiat. Ma la situazione pre-crisi non è ancora stata superata. Ne parla Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato sul sito Uomini & Business. 

Non è vero che tutto va bene e che adesso non ci resta che correre e mettere in fresco lo champagne. Siamo ancora lontani da come eravamo dieci anni fa. La storia ci ha rispediti indietro. E ci lascia avanzare solo molto lentamente.

Dal rapporto 2016 di Mediobanca sui conti cumulativi di 2.065 imprese italiane emerge che la situazione complessiva delle aziende è migliorata. Ma non è ancora stata raggiunta la situazione esistente prima dell’inizio della Grande Crisi (2008). Il fatturato complessivo risulta in flessione per il quarto anno consecutivo dal 2013. Colpa soprattutto delle aziende pubbliche, operanti in particolare nel settore energetico.

Il resto va un po’ meglio, ma il merito è soprattutto del settore automotive. Dopo tanti anni e tanti dibattiti, siamo ancora trascinati dalle automobili. E poiché qui abbiamo in pratica un solo produttore, diciamo che siamo trascinati dalla Fiat (oggi FCA). Inoltre la produttività di oggi è ancora lontanissima da quella pre-crisi.

Insomma, tutto va meglio, ma non benissimo. Il sistema italiano delle imprese deve ancora farne di strada prima di tornare a essere quello che era nel 2008. In economia nessuno fa miracoli. E infatti non se ne sono visti nemmeno nei famosi mille giorni di Renzi. Si è remato bene e si sono fatte tante cose buone, ma la strada è ancora lunga. E all’orizzonte, purtroppo, abbiamo una sorta di caos populista. Chi ha santi in paradiso è bene che se li tenga buoni, nel 2018.

DAL RAPPORTO MEDIOBANCA – Nel 2016 le imprese industriali e dei servizi italiane hanno perso il 2% del fatturato. Si tratta della quarta flessione consecutiva dal 2013. Il calo ha riguardato sia il mercato domestico (-2,3%) sia quello all’esportazione (-1,5%)

Ma il risultato non è così negativo come sembra: il calo delle vendite dipende dalle imprese del settore pubblico (-9,7%), anch’esse in flessione per il quarto anno consecutivo, condizionate dalla propria presenza nel petrolifero (-19,5%) e nell’energetico (-7,1%)

Le note positive riguardano le imprese manifatturiere, per lo più a controllo privato, con fatturato 2016 in crescita dell’1,9%, terzo incremento consecutivo, e quelle del terziario in aumento dell’1,4% (secondo aumento consecutivo)

All’interno della manifattura si segnalano nel 2016: l’andamento molto positivo delle grandi imprese (+4,4%, quarta crescita consecutiva) e quello regolare del mid-corporate (+1,3%) che dal 2010 non ha mai ridotto il fatturato (sette anni consecutivi senza cali).

La manifattura ha beneficiato del contributo del mercato estero (+2%), ma fa ben sperare soprattutto il mercato domestico in aumento dell’1,8% nel 2016 (+2,2% nel 2015). Anche la crescita del terziario va ascritta al mercato interno (+1,5% nel 2016, +1,7% nel 2015).

Altre buone notizie vengono dagli investimenti del 2016: le imprese private li hanno incrementati del 4,9%, la manifattura del 7,3% raggiungendo il massimo dal 2010. Ora tocca al terziario, ancora in calo nel 2016 (-13,4%) e lontano dai propri massimi recenti, e al settore pubblico in forte caduta nel 2016 (-26,9%)

I settori top seller nel 2016: l’automotive (+9,5%, ma +2,2% senza Fca), l’emittenza Tv (+5,8%, effetto “canone in bolletta”), le local utilities (+3,9%, acqua, autostrade, …) e poi alcuni comparti della manifattura tra cui: il vetrario (+3,4%), il farmaceutico (+3,3%), l’abbigliamento (+2,9%) e le specialità alimentari (dolciario e conserviero: +2,3%; bevande: +2%; alimentari diverse: +3%). Tra i settori worst seller: il petrolifero (-19,5%), gli elettrodomestici (-8,1%), l’EEG (-7,1%), le imprese di costruzione (-5,3%) e la stampa-editoria (-4,8%)

Ma il fardello della crisi resta pesante da smaltire: il fatturato è sotto il livello pre-crisi (2008) del 6,4%, soprattutto nel pubblico (-17,8%). In crescita il terziario (+2,8%) e la manifattura (+0,8%), ancora grazie al mid-corporate (+6,7%). In spolvero i grandi gruppi manifatturieri (+11,4%), ma senza l’automotive sarebbero sotto il pre-crisi del 6,8%.

I settori top seller dal 2008: pelli e cuoio (+34,2%), le specialità alimentari (conserviero: +25,3%; bevande: +22%; dolciario: +20,2%;), l’automotive (+21,5%) e il farmaceutico (+13,2%); fuori dalla manifattura bene le local utilities non energetiche (+27,7%), i grandi contractor di opere pubbliche (+27,5% grazie ai cantieri esteri) e la Gdo (18,8%, spinta dalla componente non alimentare: +22,9%). Distacchi superiori a ¼ del fatturato del 2008 affliggono la metallurgia (-25,1%), gli elettrodomestici (-28,8%), l’impiantistico (-30%), i prodotti per l’edilizia (- 39,2%), la stampa-editoria (-42%) e il petrolifero (-42,2%)

Altre note dolenti nel post crisi. I margini industriali (Mol) sono inferiori del 15,9% (sul 2007), sia nelle imprese pubbliche (-15,1%) sia nelle private (-16,2%). La manifattura è sotto del 7,5% e solo il segmento mid-corporate (+9,5%) supera i margini pre-crisi, insieme al Made in Italy (+3,1%). L’occupazione è in calo del 4,3%, con flessioni pesanti nelle imprese pubbliche (-12,2%), solo il mid-corporate è in controtendenza (+3% la forza lavoro). Gli investimenti cadono del 25,8% sul 2007 e questo si accompagna a una perdita di competitività (-13,4% sul 2007) e a un invecchiamento dei cespiti (da 14 a 20 anni, +43%)

Rapporto con le banche: dal 2014 al 2016 il credito bancario è fermo. Le imprese hanno rimborsato 6,5 mld di finanziamenti a breve e contratto nuovi prestiti a m/l termine di pari importo. Nello steso periodo hanno realizzato aumenti di capitale per 38,3 mld. Il debt/equity ratio è quindi migliorato dall’86,3% del 2014 al 74,7% del 2016.

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