Pensioni. Tito Boeri torni alla Bocconi, Inps è troppo per un professore

 Pensioni. Tito Boeri torni alla Bocconi, Inps è troppo per un professore
Tito Boeri. Franco Abruzzo lo invita a tornare alla Bocconi, l’ Inps è troppo per un professore

Franco Abruzzo ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog col titolo “Inps & dintorni”.

“Ognuno finisce per trovare la sua Waterloo”. Sconfitta totale vicina per Tito Boeri bocciato prima da Matteo Renzi e poi espressamente dal suo consigliere economico Yoram Gutgeld:

“Ricalcolo contributivo? Si è deciso politicamente di non farlo. Le pensioni alte sono già in qualche modo tassate”.

Un detto napoletano per il presidente dell’Inps: “Se vuoi andare alla malora sei già arrivato”.

E poi, letti i suoi annunci di guerra sul recupero dei contributi, si dedichi soprattutto alla Sicilia dove sono 285 mila i lavoratori in nero con una evasione da 4 miliardi (esattamente la cifra che pensa di mettere in cascina con l’operazione sugli assegni presunti “ricchi”). Frattanto il docente bocconiano, con i suoi progetti brutali e violenti, ha seminato il panico tra i pensionati del ceto medio. Ora basta. In nome di Dio, se ne vada, torni in fretta alla Bocconi.

Oltre al già citato detto napoletano che grosso modo si può tradurre così: “Se vuoi andare alla malora sei già arrivato”, c’è un detto americano, invece, contiene un presagio funesto:

“Ognuno finisce per trovare la sua Waterloo”.

Tutte e due le espressioni si addicono al presente e al futuro di Tito Boeri, docente bocconiano, catapultato il 24 dicembre 2014 dal Governo alla guida dell’Inps. Subito scattò l’allarme; quella nomina fu percepita come un brutto segnale ai pensionati di oggi e anche a quelli di domani. Tito Boeri è un nemico dichiarato dei pensionati con un assegno mensile dai 2mila euro in su. Basta leggere l’articolo (“Pensioni: l’equità possibile”) scritto con Fabrizio Patriarca e Stefano Patriarca e pubblicato il 14.1.2014 in www.lavoce.info.

I tre propongono di chiedere un “contributo di equità” ai pensionati, basato sulla differenza tra pensioni percepite e contributi versati. Ricostruendo le storie dei contribuenti attraverso il cosiddetto “forfettone” (un metodo indicato in un decreto del 1997) calcolano lo scostamento tra pensione effettiva e contributivo. Per tale scostamento propongono di ricavare il contributo sulla base di un’aliquota progressiva pari al 20, 30 e 50% rispettivamente per pensioni tra 2 e 3 mila euro, 3 e 5 mila euro e superiori a 5 mila euro.

Secondo le loro stime si ricaverebbe un risparmio di spesa pari a circa 4,2 miliardi di euro. Scattò un avvertimento per Palazzo Chigi: “Qualcuno avverta Renzi che se tenterà di attuare le idee del professore bocconiano l’Italia diventerà un Vietnam. Lo Stato non può tradire il patto stipulato con i cittadini. Dovevano avvertirci 40-50 anni fa che poi gli istituti previdenziali avrebbero cambiato le regole. Lo Stato ha già tradito gli impegni sulla perequazione annuale. Basta con i provvedimenti ideologici e discriminatori. L’Unpit difende solo le pensioni costruite con il lavoro e non quelle regalate dai politici a se stessi, alle alte cariche pubbliche e ad intere categorie come artigiani, commercianti e coltivatori diretti. I giudicati costituzionali non possono essere aggirati”.

Matteo Renzi rispose nello spazio di 24 ore: “Le idee di chi viene a darci una mano non diventano programma di governo”. Parole, queste, lette come una chiusura al “programma” di Boeri.

Nelle stesse ore esplose la notizia che in Sicilia sono 285mila i lavoratori in nero con una evasione da 4 miliardi (esattamente la cifra che il presidente dell’Inps pensa di recuperare con la sua operazione sugli assegni presunti “ricchi”). Osservo che “Boeri dovrebbe recuperare questi 4 miliardi, smettendola di criminalizzare, scimmiottando Giorgia Meloni, i cittadini, che hanno costruito la loro pensione con il lavoro, versando contributi d’oro”.

Le ultime novità riguardano lo scontro Yoram Gutgeld-Tito Boeri sui tagli alle pensioni d’oro con il commissario per la spending review (braccio destro di Renzi) che afferma:

“Le pensioni alte sono già in qualche modo tassate” (dal gennaio 2014 con il prelievo del 6, 12 e 18 per cento a partire dai 91mila euro lordi).

Il presidente dell’Inps nel frattempo continua a confermare che entro giugno presenterà la “proposta organica” di riforma del sistema previdenziale che prevede in linea generale nuovi tagli alle pensioni cosiddette d’oro e nuove forme di flessibilità in uscita. Il deputato del Pd e consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld, nel suo nuovo ruolo di commissario per la spending review, esclude tra i settori di intervento quello delle pensioni. “Abbiamo affrontato già questo discorso, la decisione politica – ha detto il 31 marzo a Radio 24 – è stata di non toccarle. Le pensioni alte – ha aggiunto – sono già in qualche modo tassate e quindi c’è già un intervento di equità. Andare più in giù- secondo l’economista di origine israeliana – significherebbe entrare sui livelli di pensioni medie, tipo da 90.000 euro, e si è deciso politicamente di non farlo”, ha ribadito.

Recentemente anche il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, ha dichiarato che il piano Boeri “non s’ha da fare”. Le critiche dell’ex ministro si concentrano soprattutto sullo “sconfinamento” negli equilibri politici da parte del neo-presidente: “Un uomo non può decidere da solo di cambiare le regole del sistema, peraltro con soluzioni che al momento paiono vaghe e non prive di criticità”, sono le parole attribuite a Brunetta da il sussidiario.net in riferimento alle ultime dichiarazioni di Boeri. Un altro stop è arrivato anche dal presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, che ha, invece, riportato l’attenzione sul completamento della Fornero con la piena totalizzazione senza oneri dei periodi contributivi e della flessibilità in uscita da realizzare in aggiunta al detassamento dei versamenti volontari per il recupero dei periodi di studio e di non lavoro.

La campagna mediatica di Boeri – avallata da giornalisti sconsiderati e ignari del loro futuro da anziani e da vecchi – ha ottenuto un risultato innegabile: il panico seminato tra i pensionati del ceto medio (afflitti da insonnia, emicrania e tachicardia crescenti), mentre i 509 pensionati veramente ricchi (con assegni da 11mila a 91mila euro al mese) sorridono e se la spassano allegramente, ritenendo Boeri una “tigre di carta”.

I giornalisti intervistatori non osano ricordare a Boeri che 5,5 milioni (su 16,8 milioni) di pensionati negli ultimi 4 anni – secondo le stime di Spi/Cgil – hanno perso 10 miliardi di euro di entrate per via della mancata perequazione degli assegni superiori a tre volte il minimo Inps.

Negli ultimi 15 anni le pensioni, comunque, hanno perso dal 20 al 30 per cento del potere di acquisto. Basta, professor Boeri, lei è un presidente giunto rapidamente a Waterloo. “Se vuole andare alla malora è già arrivato” ammonisce la saggezza napoletana.

Lei incute paura anche alla sinistra estrema (vedi Sel) con il ricalcolo, che impoverisce chi è già povero. Pensi solo a gestire bene, se ne è capace, l’Inps e a recuperare, – tenendo fede ai suoi propositi di guerra-, i miliardi di contributi evasi (non solo in Sicilia) e a stroncare il malaffare delle pensioni di invalidità regalate da medici compiacenti che sono da individuare e spedire in galera. Altrimenti, professor Boeri, in nome di Dio, se ne vada, torni in fretta alla Bocconi.

 

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