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Le quote rosa dei successi azzurri

di admin |8 Ottobre 2009 18:48

Le ragazze del volley campioni d'Europa

Grazie, gentil sesso. L’Italia dello sport s’inchina alle donne, perché, solo in virtù dei loro risultati, riusciamo a valere qualcosa in campo internazionale. Lasciamo stare il calcio, diventato oggi solo un vero e proprio business. Nelle altre discipline sono proprio le “quote rosa” a giganteggiare fuori dai confini.

Ho usato impropriamente questa espressione rubata al mondo politico, perché se dovessimo servircene per parlare di agonismo sportivo, beh, dovremo andare a cercare i maschietti col lanternino e dedicar loro una piccola, piccolissima parte di applausi. Basta citare alcuni nomi per capacitarsene : nel nuoto furoreggiano la Pellegrini e la Filippi, mentre i giovanotti (almeno negli ultimi mondiali di Roma) sono rimasti a secco.

Nel tennis Flavia Pennetta e Francesca Schiavone portano in alto il colore azzurro; di contro, per trovare un nostro campione fra i primi dieci o quindici del mondo dobbiamo risalire ad Adriano Panatta. Nei tuffi, a salvarci da figure barbine ci ha pensato la Cagnotto. E sempre una signora in gonnella, Tatiana Guderzo, ha vinto alla fine di settembre i campionati del mondo di ciclismo su strada. (Con un terzo posto, di nuovo italiano, conquistato da Noemi Cantele).

Infine, la squadra femminile di pallavolo ci ha regalato giorni fa un titolo europeo sbarazzando tutte le avversarie e prendendo elogi dai critici di tutto il mondo. È sufficiente questo elenco di nomi per dire che sono le donne a salvarci da un naufragio? Non ci sono dubbi. Ed allora, ecco nascere una prima domanda: come mai? Per quale motivo sono le signore o signorine a togliere l’Italia da un imbarazzante risultato? Le ragioni sono profonde e vanno ricercate nel modo diverso di affrontare la vita. Noi sappiamo che lo sport agonistico è sofferenza ed applicazione.

Non si raggiungono certi traguardi se non si hanno queste doti. Ebbene, le donne sono più portate ai triboli ed al sacrificio. Basterà riflettere e ricordarsi della gestazione, del parto. Anche nello sport, è necessario avere carattere e caparbietà. Prerogative che i maschietti non hanno o hanno in misura minore. Cosicché, quando si è adolescenti ed è il momento di fare il salto di qualità, i ragazzi tirano i remi in barca, sono più pigri, si adagiano sui risultati conquistati che non vanno più in là delle tappe intermedie di una classifica internazionale. Arrivano i primi soldi, gli sponsor fanno il resto e il giovane in pantaloncini si ferma, contento di quel che ha ottenuto.

Le donne no. Insistono, persistono, sono tenaci fino all’ultima goccia di sudore. Flavia Pennetta ne è un esempio emblematico. Uscita a pezzi da una storia d’amore, aveva quasi deciso di abbandonare la racchetta. Poi, si è rimboccata le maniche ed ha deciso che non poteva mollare. Così, ha risalito i gradini di una classifica mondiale fino ad arrivare ad essere fra le prime dieci tenniste del mondo. «Ad un giovanotto non sarebbe mai capitato un episodio del genere», mi conferma il maestro di un circolo romano.

Insomma, dobbiamo a loro, alle nostre campionesse se oggi, in campo internazionale, non siamo dietro a paesi ben più piccoli dell’Italia e con attrezzature meno adeguate ai tempi. Vogliamo fare un ultimo esempio? Roger Federer è il numero uno indiscusso del tennis. Eppure è nato in una nazione, la Svizzera, grande più o meno come il Piemonte. Mi chiedo: quanto dovremo aspettare per avere un erede di Adriano Panatta o di Nicola Pietrangeli?

P.S. Avevo appena finito di scrivere questo breve commento che è arrivata la notizia che la squadra maschile italiana di fioretto ha vinto la medaglia d’oro ai campionati del mondo. È forse cominciata la controrivoluzione? Me lo auguro: per noi “sesso forte” e per l’Italia.

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