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Giornalismo e politica, un sodalizio canaglia

ROMA – “Con noi non funzionerà il metodo Boffo”. I ministri dissidenti sulla linea dettata da Silvio Berlusconi hanno così replicato a un editoriale del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti che li accusava di non sostenere. Il “metodo Boffo” è una tecnica “brevettata” tre anni fa da Vittorio Feltri, per mettere alla gogna il direttore di Avvenire Dino Boffo, reo di aver criticato alcuni comportamenti del Cavaliere.

E’ una delle tecniche di lotta politica attraverso i giornali descritte nel libro di Ugo Degl’Innocenti “Giornalismo e politica SpA. Un sodalizio canaglia”, da pochi giorni nelle librerie. Edito dalla Aracne Editrice, il libro di Ugo Degl’Innocenti, redattore dell’ufficio stampa della Regione Lazio, delinea egregiamente il vizio antico ma sempre attuale del giornalismo italiano, vale a dire la partigianeria politica che inonda il primo sfoglio dei giornali, non curante dell’effettivo interesse da parte dei lettori.

Non importa da quale parte, ma i mezzi d’informazione sono perlopiù schierati, più o meno apertamente. E anche quando un giornale sembra lontano dal prendere posizione, ecco la sorpresa, come nel caso del discusso endorsement di Paolo Mieli il quale nel 2006 schierò il Corriere della Sera a favore di Romano Prodi.

Il vizio è antico, dicevamo. Il giornalismo italiano infatti è da sempre avvinto come un’edera al potere: da Giuseppe Mazzini a Benito Mussolini, da Eugenio Scalfari a Giuliano Ferrara, passando per Michele Santoro, Lilli Gruber e Piero Marrazzo, professione giornalistica e carriere politiche spesso s’intrecciano, dando vita a un modello tutto italiano di giornalismo schierato, ben lontano da quello liberale anglo–americano e quello democratico–corporativo dell’Europa continentale.

Ed è proprio la partigianeria, secondo l’autore di “Giornalismo e politica SpA”, una delle cause della crisi di credibilità dei giornalisti italiani, i quali appaiono al popolo del web come i cantori del potere, gli aedi dei partiti. I quotidiani tradizionali perdono copie. Un movimento nato nella rete come quello di Beppe Grillo diventa il primo partito, pur snobbando gli inviti ai talk show e maltrattando i giornalisti. “Dopo aver letto questo libro c’è da domandarsi se un’informazione tanto dipendente dal potere non abbia qualche responsabilità nella situazione che viviamo”, scrive Rizzo nella prefazione che così conclude: “In definitiva, se con una stampa più libera e coraggiosa nel mettere a nudo le dege-nerazioni del sistema e i peccati delle classi dirigenti oggi non avremmo un’Italia migliore. Credo proprio di sì.”.

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