Che fine ha fatto Irene Pivetti? "Pronta al carcere, mi affido a Dio". La condanna a 4 anni e un nuovo processo (foto Ansa-Blitzquotidiano)
“Ci penso e mi preparo anche a questa eventualità, ho le mie tristezze di mamma e ora anche nonna, ma ho capito che questo pensiero non può e non deve prendere il sopravvento sulla mia vita. Cerco di vivere anche questa situazione con equilibrio. Grazie a Dio, e non è una frase fatta, sono riuscita a riprendere la mia vita”. Lo afferma in un’intervista al Corriere della Sera, Irene Pivetti, ex presidente della Camera, dopo la condanna a 4 anni e il nuovo processo da affrontare per la vicenda dell’acquisto di mascherine cinesi durante il Covid, accennando all’eventualità di una detenzione in carcere.
Pensa che la sua notorietà e il fatto di chiamarsi Irene Pivetti possa aver giocato a suo svantaggio? “Qualcuno lo pensa – aggiunge -, ma io non credo al complotto. Penso piuttosto che il sistema ti condanna già solo per il fatto di fare impresa. In un attimo ti ritrovi sbattuta in prima pagina. Anche questo è parte del sistema che ti toglie dignità, rovina la tua immagine, ti annienta anche economicamente. Non mi vergogno a dire che ho fatto ricorso ai pacchi viveri della San Vincenzo, non mi hanno tolto la casa solo perché non l’avevo, ma ad altri è successo anche questo”.
Non le fa male parlare della sua caduta? “Non voglio destare pietà – prosegue Pivetti -, io non mi sono mai lamentata. Racconto di me perché io ho la possibilità di farlo e voglio essere la voce di chi è nella mia situazione. Quanti imprenditori hanno perso tutto e poi sono risultati innocenti?”.
“Quando la Guardia di finanza si è presentata da me con un avviso di garanzia ho pensato subito a un errore – va avanti l’ex presidente della Camera -, proprio perché sono un personaggio pubblico sono sempre stata attenta e scrupolosa. Invece sono finita in un tritacarne”.
La politica l’ha lasciata sola? “Sì, ma non mi aspettavo nulla e non posso rimproverare nessuno”. “Più che di separazione delle carriere metterei al centro il tema del rispetto dell’individuo. Se c’è davvero la presunzione di innocenza bisogna avere rispetto. Invece è un sistema perverso”, conclude.