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Genova: Vincenzi, ex “compagna” convertita. Corteggia Chiesa e Islam

di fmanzitti |9 Gennaio 2012 14:13

GENOVA – A un mese dalle Primarie, con le quali il centro sinistra genovese dovrà decidere quale sarà il suo candidato o la sua candidata per le prossime elezioni di Primavera, che eleggeranno il nuovo sindaco o la nuova sindaco ( o la stessa sindaco di prima) della seconda città italiana per importanza chiamata alle urne nel 2012, la questione è brutalmente diventata “di religione”.

Nella disperata contesa tra i quattro candidati(per la verità tre candidate e un singolo candidato) in una città annegata non solo nell’ultima alluvione ma nel dramma della Fincantieri, l’ultima grande fabbrica che sta per chiudere, su che temi contendono i concorrenti?

Sulla costruzione della Moschea islamica, questione trascinata inutilmente da un quinquennio e sull’Ici che la Chiesa potrebbe o dovrebbe pagare sulle sue immense proprietà immobiliari. Con un blitz pre natalizio la sindaco in carica, Marta Vincenzi, del Pd, costretta a risottoporsi alle Primarie, unico caso in Italia, ha varato in giunta la decisione di piazzare la Moschea (che a Genova esisteva già nel Medioevo in zona ovviamente portuale) in un quartiere sulle alture che si chiama il Lagaccio, periferia molto vicina al centro e alle spalle del porto, una collina brulla, tra una caserma in disarmo e palazzoni popolari.

Apriti cielo, anzi apriti scontro politico perfino dentro alla maggioranza di governo della città, dove i dipietristi hanno perfino minacciato di uscire dalla giunta di palazzo Tursi, se quella decisione a lungo rinviata andasse avanti. E anche, oltre agli scontri interni, la violenza reazione della Lega Nord, che da tempo in quel quartiere del Lagaccio ha piazzato le barricate anti Moschea. E ancora grande imbarazzo degli altri contendenti alle Primarie, la senatrice-generale (per i suoi precedenti alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati) Roberta Pinotti e Marco Doria, erede del nobile doge ammiraglio, gloria della storia genovese, Andrea Doria, che sulla moschea avevano altre idee.

Non è bastato questo. Alla viglia dell’Epifania la signora sindaco è uscita con un’altra mossa religiosa molto spiazzante. Da vera laica, sembra arroccata su posizioni severe rispetto alla Chiesa e un po’ in fredda con il potente cardinale genovese Angelo Bagnasco, presidente della Cei, la Vincenzi ha compiuto una perfetta capriola, annunciando urbi e orbi che è un vero “can can” continuare a pretendere che la Chiesa paghi l’Ici per i suoi immobili. E’ giusto che non paghi!

“Conversione sulla via di Bagnasco” hanno ironizzato i mass media e in particolare il Secolo XIX di Umberto La Rocca, che con un corrosivo articolo firmato da Riccardo Massa, uno dei suoi caporedattori, ha criticato pesantemente “le vie infinite di Marta”. Chiara allusione ai frequenti cambi di rotta della Vincenzi, molto abile nel cambiare la sua linea di navigazione, altro che Andrea Doria, per cercare di intercettare non le feluche saracene, ma il voto dei cittadini a lei non prossimi, per esempio i cattolici, molto più coccolati dalla senatrice Pinotti, a suo tempo capo degli scout e di casa nella anticamera della Curia di Bagnasco, tra i caruggi di Genova.

L’altra zarina della contesa “primaria” ha abbozzato una risposta articolata che replicava più su sue presunte divergenze sulla questione Ici-Chiesa con il potente eurodeputato diventato genovese Sergio Cofferati che non con SuperMarta. Queste divergenze, ad avviso della senatrice, non ci sono mai state. Risposta poi indiretta alla rivale Vincenzi: la Chiesa si è dimostrata a disposizione per accettare la tassa e quindi dove è il problema.

Le due questioni religiose hanno così accelerato una campagna primaria che stava sprofondando nei pannettoni e nei cotechini della lunghissima feria natalizia, a Genova resa più difficile dal tam tam di guerra che suona dal Ponente, dove gli operai della Fincantieri hanno continuativamente presidiato la loro fabbrica, quella da dove uscivano le grandi navi della storia marinara genovese e italiana e dove è in allestimento la Oceania, l’ultima ammiraglia nelle intenzioni dell’azienda che sta calando la lapide tombale sul cantiere storico, in realtà l’ultima vera fabbrica genovese, quasi duemila dipendenti, tremila e passa con un indotto prezioso, perchè racchiude capacità artigianali uniche in Italia e forse nel mondo.

Dramma Fincantieri e contorcimenti dei partiti e delle coalizioni che percepiscono il declino apparentemente irreversibile della città e non riescono a opporre una campagna elettorale che accenda qualche luce di speranza: eeco le luci spente del Natale genovese.

Le Primarie del centro sinistra allineano oltre alle due zarine, Vincenzi e Pinotti (furibonde a sentirsi chiamare così), ma in questa posizione postesi davanti alla consultazione interna e a Marco Doria l’ ”erede”, protagonista di una campagna molto soft ma penetrante negli ambienti del vecchio Pci-Pds e Ds più Rifondazione-Sel che di fatto ha governato Genova negli ultimi quaranta anni,, anche Angela Burlando, schierata dal Psi risorgente, una ex funzionaria di Polizia, già consiglere comunale per il Pd.

La religione e le sue contese diventa, quindi, una specie di paravento per le vere questioni che martellano il territorio genovese, straziato il 4 novembre scorso da una alluvione disastrosa e forse anche un po’ mediaticamente dirompente, che ha azzerato quasi il turismo di Natale e Capodanno, insieme alla crisi globale, mettendo in ginocchio turismo e commercio. Dai gorghi di quella alluvione la signora sindaco, dopo avere espresso tra le lacrime proposte di ritiro, era risorta come l’Araba Fenice, con una irruenza raddoppiata, fuoco di fila di annunci, spettacolari esibizioni e tam tam sulle magnifiche e progressive proiezioni della sua amministrazione. La grida sulla Moschea da costruire, che era stato l’annuncio ritmico di ogni Capodanno per l’anno successivo nel 2008, 2009, 2010, 2011, senza che mai alle parole seguisse un solo fatto, è stato uno dei sigilli a questa marcia trionfale verso il 12 febbraio, data delle attese Primarie.

A tanto attivismo polemico e senza che in calendario appaia anche un solo confronto diretto tra i contendenti del centro sinistra, dall’altra parte dello schieramento, regnano la massima confusione e i medesimi contorcimenti interni. Là, nelle acque del centro destra o più generalmente nello specchio di mare aperto per ogni flotta diversa da chi inalbera vessilli di sinistra, l’unica nave che ha preso il largo è quella del senatore Enrico Musso, sconfitto dalla Vincenzi cinque anni fa, quando era il candidato di Berlusconi, ma che dopo un processo lungo, ma molto determinato ora veleggia con una bandiera civica trasversale, spinto da una Fondazione Oltremare che da anni sta lavorando a un progetto alternativo della città. Passato al Gruppo Misto del Senato, gamba liberale, il quarantenne senatore, professore di Economia, come Marco Doria, vorrebbe farsi spingere da un vento cittadino appunto trasversale, mettendo insieme il soffio continuo e potente della tramontana assimilabile al suo pubblico appunto libero e trasversale, a quello di tempesta del libeccio che spazza Genova e le sue spiaggie, liberando metaforicamente la città dai vecchi riti e dalla vecchia nomenclatura e allo scirocco, che raccoglie anche con un po’ di pesantezza un centro destra genovese oramai senza né mamma, né papa’. E mettiamoci anche un bel maestrale che potrebbe improvvisamente far arrivare a Genova, che non lo conosce tanto bene per motivi orografici, i voti per Musso dell’Udc, indecisa se stare di qua o di là.

Le ambizioni non certo sottotono di Musso hanno un confine nelle mosse incerte e confuse del centro destra ufficiale, quello della Pdl e della Lega dove, ancor peggio che nel centro sinistra, i possibili candidati sindaci si moltiplicano e si elidono un po’ per la loro debolezza o po’ per la convinzione che tanto non c’è niente da fare. Così vengono bruciati sui roghi del Pdl personaggi come l’irruente medico consigliere regionale Matteo Rosso, come la pasionaria, anch’essa consigliera regionale Raffaella Della Bianca, come il numerario Opus Dei Pierluigi Vinai, ex fedelissino di scajola, vice presidente della Fondazione Carige, come il quieto onorevole avvocato, Roberto Cassinelli. E nel patatrac di un partito che non scova candidati veri nella pancia genovese, ecco che spunta la proposta choc di allearsi con i nemici del centro sinistra e varare una candidatura civica, “necessaria” per affrontare l’emergenza epocale genovese. Parola del coordinatore della Pdl, l’onorevole Michele Scandroglio.

E ispirazione segreta dell’onorevole Claudio Scajola, che a Imperia medita il da farsi non solo per la Patria, ma anche per Genova matrigna e sempre un po’ distante,

Sembra che questa offerta, manco fossimo a Roma e avessimo a disposizioni un Monti genovese pronto a immolarsi, o manco avessimo un possibile ticket tra un candidato di sinistra(magari la Pinotti) e uno civico (magari Musso) , sia stata già ricacciata indietro dal bastione del Pd.

E allora è giusto che, in queste condizioni la battaglia di Genova diventi soltanto una guerra di religione?

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