Politica

La gente non vota più. Chi ha sparato all’elettore italiano?

Bassa affluenza ai seggi, cresce l’astensionismo, la gente non vota più. Chi ha sparato all’elettore italiano? In molti, ma la pistola fumante è nelle mani della politica, e se dovesse interrogarsi seriamente sul problema dovrebbe ammettere le proprie decisive responsabilità e fare harakiri. E tutto questo è un bell’intoppo.

Finché l’astensionismo rimane dentro certi margini fisiologici per i nostri sistemi democratici, è un peso che possiamo sostenere senza grosse preoccupazioni, ma quando i numeri diventano importanti, la questione cambia e si fa preoccupante. Anche gli ultimi appuntamenti elettorali in Italia, che hanno riguardato le Regioni, confermano la tendenza.

È bene però dirlo con chiarezza: sebbene siamo in presenza di percentuali alte di astensionismo, il voto rimane comunque valido; tuttavia, dal punto di vista politico, la delegittimazione che ogni volta arriva da chi non vota è di quelle che assomigliano ad un pugno in pieno volto.

Il problema è trasversale, taglia in due distintamente destra e sinistra, ed è un fenomeno che non riguarda solo noi italiani ma tutte le democrazie cosiddette “mature”. Tuttavia, queste due evidenze, come del resto molte altre che concorrono a determinare il fenomeno, non ridimensionano le colpe della politica.

La storia è sempre la stessa. Sale l’astensione e con lei le inutili frasi di circostanza della politica alle quali non segue niente di concreto; al massimo una provvisoria ed improvvisata buona volontà di taluni che si consuma così velocemente che nemmeno ci facciamo caso.

E così, arriveremo fino alle prossime elezioni, come se niente fosse, felicemente incuranti di un tempo nuovo che potrebbe divorare anche la politica, con tutto ciò che di negativo e pericoloso ne conseguirebbe. Intanto però la realtà corre più veloce della politica.

Le previsioni della Commissione Ue sull’Italia gelano il sangue nelle vene: ultimi per crescita economica da qui al 2027. Il Rapporto Povertà 2025 della Caritas ci dice che oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta, una crescita del 40% nell’ultimo decennio.

Per quanto riguarda invece la produzione industriale, l’Istat stima che a settembre 2025 l’indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato del 2,8% rispetto ad agosto, mentre “nella media del terzo trimestre il livello della produzione diminuisce dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti”; tradotto in parole povere vuol dire che a settembre è andata un po’ meglio ma che l’andamento congiunturale complessivo rimane negativo.

Questi dati servono per affermare che l’astensionismo sale per colpa del Governo Meloni? No. Semmai è più corretto scrivere che anche questo Governo, nel solco di quelli più recenti che l’hanno preceduto, non è stato capace d’incidere positivamente sulle questioni più importanti che attanagliano il Paese.

La più grande preoccupazione sembra essere, anche in questa legislatura, quella di sostituire ad un personale politico ed amministrativo un altro personale, mentre su tutto il resto siamo dove, più o meno, saremmo stati con un Governo di qualsiasi altro colore. È da questa prospettiva che la politica si fa casta, ed arroccata nella difesa dei propri interessi, diventa ingrediente prelibato per cucinare il minestrone dell’astensionismo.

Questa situazione durerà fino a quando la frattura tra politica ed elettori sarà talmente profonda al punto che si aprirà, e forse è già aperta, una pericolosissima crisi del modello istituzionale nel quale viviamo. Ma ormai sarà troppo tardi, e come insegna Macchiavelli dovremo sperare nella “fortuna”, variabile quest’ultima decisiva nei tornanti della Storia e della Politica.

Il politologo Marco Revelli scrive che “con la globalizzazione è lo spazio pubblico tutto intero a cadere, è la politica come l’avevamo conosciuta fino a ieri, non solo con i propri soggetti e i propri valori, ma con le sue forme, le sue istituzioni, i suoi principi costitutivi”. Ancora non siamo arrivati a questo punto, ma ci stiamo avvicinando velocemente e la globalizzazione, forse, è il male minore. Soluzioni? Pretendiamole da chi governa e da chi fa opposizione. Ad ognuno il suo.

Published by
Emiliano Chirchietti