Politica

Manovra avanti tra risse e polemiche, ma agli italiani interessa più il caso dell’inno di Mameli

Dopo mille polemiche e risse oltre ogni limite, la manovra economica è una realtà. Mancano pochissimi giorni al sì definitivo della Camera, ma non ci sono dubbi, visti i numeri con cui è già passata al Senato. “Siamo intervenuti su temi impossibili”, spiega il ministro Giorgetti. L’opposizione tuona, alza i cartelli su cui è scritto “Voltafaccia Meloni”. Un altro spettacolo indecente che si poteva evitare alla vigilia di Natale, cioè ad una festa che dovrebbe accomunare tutti. Invece l’Aula, prima del voto, è diventata una bolgia con la destra che applaudiva e la sinistra che poco ci è mancato fischiasse nemmeno fossimo ad un derby stracittadino.

Il Pd la considera una legge austera, la maggioranza la ritiene prudente. Non c’è neanche un punto su cui si possa dire di essere d’accordo. Possibile che tutto sia giusto o, al contrario, completamente sbagliato?

Giorgetti è nell’occhio del ciclone, diventa il padrino di una legge che “serve solo ai ricchi”. Il ritornello è sempre lo stesso: si poteva fare di più. “Certo” , risponde ironicamente l’illustre esponente del Carroccio: “Lo sostiene anche una canzone”. Ma in questi casi bisogna fare i conti con la realtà che indica “strade diverse”. “Meglio i conti in ordine che le solite finanziarie” in cui si destinano soldi a pioggia per accontentare tutti. Il mantra dei difensori si ripete e non ammette eccezioni.

A farla breve, nell’aula di Palazzo Madama gli italiani hanno assistito ad uno dei tanti siparietti che forse non meravigliano più: sono soltanto ripetitivi e nulla più. La platea non si placa, non teme neppure la diretta tv, anzi la invoca per far vedere che non ci si siede su quei banchi per scaldare un posto.

“Chi si arma è fuori dalla Chiesa”, gridano i più oltranzisti anche se magari con la religione c’entrano poco o niente. Chi abbia ragione o torto lo dirà il futuro. Soltanto allora le verifiche daranno un responso. Prima è solo propaganda, o se volete, pubblicità per dimostrare che le idee hanno un valore. Anche le chiacchiere o gli insulti fanno parte di un’appartenenza politica?

Proviamolo a chiedere a chi legge i giornali o vede le immagini in tv. D’altronde non ci si può meravigliare se consideriamo quel che avviene a Montecitorio o a Palazzo Madama.

L’ultima chicca di cui francamente avremmo fatto volentieri a meno ce la regala l’onorevole Aboubakar Soumahoro. Lo ricordate quando stivaloni ai piedi e pugno chiuso difendeva i migranti che erano appena sbarcati in Italia? Aiutato dai gemelli Fratoianni e Bonelli che gli avevano dato la possibilità di essere un parlamentare, si faceva vedere in Transatlantico ostentando sicurezza. La discesa è stata repentina: per alcune vicende familiari, i suoi padrini lo hanno mollato ed ha dovuto cambiare casacca senza rinunciare però allo stipendio di fine mese. Oggi, Soumahoro si supera e pur di non perdere quello scranno di cui è pazzamente innamorato, ritorna sul mercato in vista delle elezioni politiche ancora assai lontane.

Meglio premunirsi: così il nostro si ricandida ed è pronto a farlo “con qualsiasi forza che porti in seno il tricolore”. O la tanto deprecata Fiamma? Questo è un Natale diverso perchè i tempi sono mutati, non possono rimanere quelli di una volta.

Così, cambia volto pure il Presepe, l’Albero, fortunatamente si salva dalla rivoluzione. I pastori sono russi, gli zampognari debbono ancora scegliere.

L’Inghilterra va più in là: Babbo Natale non deve essere né bianco, né occidentale. Magari con gli occhi a mandorla? La breve parentesi lascia di nuovo il posto alla manovra di cui si parlerà in continuazione fino al voto definitivo della Camera.

Tornano in primo piano le armi a cui la maggioranza non rinuncia. Con l’opposizione che replica con argomenti che fanno presa sull’opinione pubblica: “Soldi buttati, miliardi che potevano essere utili per la scuola, la sanità, il salario minimo (insufficiente) che aumenta la schiera dei poveri”.

Anche Leone XIV ha ribadito che non è vero il proverbio latino che recita: “Se vuoi la pace, preparati alla guerra”. I più scatenati a proposito sono in 5Stelle che forse non ricordano che proprio Giuseppe Conte la pensava in modo diametralmente opposto a quello che oggi infervora i pentastellati. La polemica non ha ostacoli: pure l’Inno di Mameli diventa materia per contendersi e trovare un appiglio per litigare.

Si vuole eliminare il “sì” che viene gridato al termine del canto quando il testo recita: “Siam pronti alla morte”. Quell’avverbio affermativo deve essere eliminato, Ma il coro degli alpini, proprio a Palazzo Madama smentisce coloro che vorrebbero toglierlo di mezzo, perché forse lo si considera “guerrafondaio”.

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Bruno Tucci