Muore il 2025, nasce il 2026. Quali sono le speranze degli italiani? (Fonte Ansa) - Blitz Quotidiano
Muore il 2025, nasce domani il 2026. Quali sono le speranze degli italiani? Veder crescere il Paese, vivere in tranquillità lontani da una guerra che vorrebbe dire solo morte e atrocità, parlare finalmente almeno una volta una stessa lingua per il bene che dobbiamo volerci, sperare che cessino le liti politiche, le violenze verbali, gli insulti contro persone che siedono tutte in Parlamento: sono avversari, non nemici. Cambiare strategia senza dimenticare le proprie idee, essere più vicini a chi crede nella politica che quindi deve modificare il suo cammino se non vuole che gli assenteisti continuino a crescere e a disertare le urne. Opposizione si, ci mancherebbe, è il sale della democrazia, guai se non esistessero le voci contrarie. Però, il dialogo non può oltrepassare certi limiti, altrimenti si va incontro ad un pericolo che si chiama autarchia se non dittatura.
La manovra è diventata legge dopo mille peripezie. Elly Schlein ritiene che favorisce solo i ricchi; il ministro Giancarlo Giorgetti la pensa in maniera diversa: è convinto che “tutela i risparmi degli italiani”. La differenza è profonda come lo sono tutte le iniziative che il governo vuole prendere. “Dobbiamo essere alternativi a questa destra fascista”, dicono i progressisti. “Noi siamo sempre quelli del passato: duri e puri”, replicano i conservatori. Possibile che non si trovi mai un accordo, un denominatore comune che possa far fare al Paese quel salto di qualità che tutti si augurano? La confusione è grande perché anche fra gli stessi alleati non si riesce a trovare un ritornello che possa essere utile al Paese. A destra, la Lega scalpita, Matteo Salvini va sempre in cerca di un quid che possa dargli pubblicità anche se poi Giorgia Meloni deve intervenire se non si vuole guastare il giocattolo che ha portato la destra a Palazzo Chigi.
Antonio Tajani è senza meno più prudente, ma pure lui deve combattere contro chi vorrebbe farlo fuori da quella poltrona ereditata da Silvio Berlusconi. Il suo “nemico odierno” si chiama Roberto Occhiuto, è il governatore della Calabria che ha estremo bisogno dei suoi uomini migliori. Sarebbe bene, quindi che il presidente di questa regione pensi ai problemi della sua terra invece di augurarsi una successione che oggi non conviene a Forza Italia. Il vicepremier e ministro degli Esteri è più concreto: “Eravamo gli ultimi della classe, ora siamo tra primi”. La realtà è chiara: solo se non si creano crepe irreversibili questa alleanza potrà durare.
L’imperativo categorico della sinistra, quasi un must, è parlar male di Giorgia Meloni. È lo stesso Carlo Calenda a denunciare un episodio che non si può definire politicamente corretto. Dice di essere stato chiamato un giorno dalla segreteria di redazione de “La7” per essere invitato ad una trasmissione “a senso unico” (copyright di un giornale di destra) solo se fosse disposto a parlar male della premier. “Non è assolutamente vero”, rispondono i “colpevoli”. Però è sacrosantamente vero che oggi l’informazione ha dimenticato il suo giuramento di Ippocrate: quello della terzietà, del super partes. Dove sono i Montanelli, i Bocca, i Biagi di un tempo?
È ovvio che la maggioranza replichi, rivendichi i risultati ottenuti in questi tre anni di governo: l’aumento degli occupati, la riduzione delle tasse (quale? è il parere dell’opposizione?), lo spread ai minimi termini, una maggiore stabilità del governo che ha dato buoni successi soprattutto in campo internazionale. “E’ ora di smetterla di attaccare la Meloni sempre e in qualsiasi modo”, tuonano da Palazzo Chigi, ma non sembra si ottengano risposte positive visti gli ultimi avvenimenti quando si è trattato in Parlamento di approvare o no la manovra. “Meloni disastro”, era scritto nei volantini che sono stati subito fatti sparire dai commessi del Palazzo.
A gennaio, la polemica verterà innanzitutto sulle spese militari e sul riarmo che non gode di ottima salute anche su alcune frange della maggioranza. Senza dimenticare che la campagna elettorale per il referendum non avrà un attimo di pausa. Raccolta delle firme, magistrati in agitazione, strappare un sì o un no sarà importante perché si gioca su differenze minime (a detta di Elly Schlein e Giuseppe Conte) Insomma, sediamoci nella speranza che i brutti episodi del politicamente corretto diventino solo ricordi e nulla più.
Noi siamo garantisti senza se e senza ma. Il fatto che Alfonso Signorini sia indagato per reati come l’estorsione e la violenza sessuale ci lascia interdetti e rimaniamo in attesa della conclusione dell’inchiesta della magistratura. Siamo invece lieti che l’autosospensione del noto conduttore metterà forse la parola fine ad una trasmissione come “Il grande fratello”. Sarà popolare, ma non certa esente da critiche dei benpensanti. Meglio girare pagina e guardare “La ruota della fortuna”. Almeno lì qualcuno sarà felice per aver vinto una automobile o qualche decina di migliaia di euro.