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Ore cruciali per il piano di pace di Kiev e la fragile tregua a Gaza. Ma Trump umilia i leader Ue, Hamas frena sulla fase due

Conflitto in Europa e Medioriente: ore cruciali. Può accadere di tutto, anche la pace. C’è un insolito fermento che lo conferma: i viaggi di Zelensky, il summit londinese dei cosiddetti “volonterosi”, la fretta di Trump, il Medio Oriente al bivio prossimo alla fase due. Facciamo il punto pre natalizio.

Europa Bersaglio di Trump

Il tycoon insiste e umilia i leader UE: “Europei deboli, non sanno che fare”. Ennesimo attacco del presidente americano, in particolare a Zelensky che, secondo il presidente USA, vuole evitare il voto. Ma Zelensky gli ha già risposto da Roma dove ha incontrato il Papa e la Meloni. Martedì 9 dicembre il presidente ucraino e Papa Leone si sono incontrati per la terza volta. Il primo incontro è stato alla messa di insediamento del pontefice statunitense in Vaticano; il primo vero faccia a faccia è avvenuto l’estate scorsa a Caste Gandolfo quando Leone ha offerto la sua disponibilità ad ospitare russi ed ucraini per i negoziati. E martedì Zelensky e Papa Leone si sono di nuovo ritrovati a Castel Gandolfo per un colloquio di mezz’ora, segno che qualcosa di importante si sta muovendo. Resta lo scontro diplomatico Trump-Europa. Nella sua intervista, rilasciata al quotidiano statunitense Politico, Trump ha bacchettato i leader europei dicendo sostanzialmente che sono inutili, se non dannosi, per la risoluzione della guerra in Ucraina. Ha detto: “L’Europa non sa che cosa fare. I suoi leader sono deboli. Credo che vogliano essere politicamente corretti ma parlano troppo, non producono e la guerra semplicemente continua. Io i leader europei li conosco bene, alcuni sono intelligenti ma altri sono stupidì, alcuni sono molto stupidi”. Frontale poi l’attacco a Zelensky: “Deve darsi una mossa e iniziare ad accettare le cose perché sta perdendo”. Poi Trump ha accusato il presidente ucraino di “usare la guerra per non indire le elezioni. Penso che sia un momento importante per votare, il popolo ucraino dovrebbe avere questa possibilità “. Nelle stesse ore Putin, forte del pressing Usa,ha detto forte e chiaro che “il Donbass è russo, questo è un fatto storico”.

Stallo nella Striscia

E’ vero che a Gaza la tregua c’è da due mesi. Ma è altrettanto vero che le violenze continuano e i nodi del piano di pace, lanciato da Trump, tardano a sciogliersi. Il presidente americano punta a far partire la fase successiva entro fine anno, ma diversi ostacoli si sono messi di traverso. Uno in particolare riguarda la composizione del “Board Off Peace” l’organismo che lo stesso Trump dovrebbe guidare insieme a un governo di tecnocrati palestinesi. Ma qui viene il bello: il veto arabo su Tony Blair, unico nome citato esplicitamente nel piano per Gaza. Non lo vogliono, come ha spiegato il Financial Times, perché gli arabi non perdonano all’ex premier britannico il suo sostegno alla guerra in Iraq nel 2003 (guerra voluta dagli Stati Uniti, presidente George W. Bush). Staremo a vedere. Entrolunedì 15 sarà annunciata la composizione del Board, mentre il 29 dicembre Netanyau (che dieci giorni fa ha incontrato Blair) volerà a Washington per discutere con Trump le resistenze di Hamas che accusa Israele di violare il cessate il fuoco e di non aver ancora riaperto il valico di Rafah, ne’ aumentato gli aiuti. Comunque in queste ultime ore Hamas ha fatto filtrare una disponibilità al disarmo o al “congelamento” delle armi. Solo uno spiraglio tattico?

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Enrico Pirondini