Donald Trump (Foto Ansa)
“Il presidente Donald Trump ha assolutamente ragione! Dobbiamo fare in modo che la Groenlandia si unisca agli Stati Uniti. Ottimo per loro, ottimo per noi! Facciamolo!”. Queste le prime parole del nuovo inviato speciale per la Groenlandia — qualunque cosa significhi — nominato da Donald Trump. Si tratta di Jeff Landry, governatore della Louisiana: veterano dell’esercito, ex poliziotto, già membro del Congresso e procuratore generale dello Stato fino al 2023. Ma sono dettagli.
Il punto, quello vero, è un altro: gli Stati Uniti vogliono davvero la Groenlandia. Trump lo ha detto senza giri di parole: “Non abbiamo bisogno della Groenlandia per i minerali o per il petrolio, ma per la sicurezza. Dobbiamo averla. Ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale”.
C’è però un piccolissimo dettaglio. La Groenlandia, almeno per ora, fa parte del Regno di Danimarca. Dunque – pur ovviamente con le sue autonomie e le sue peculiarità geografiche, identitarie e commerciali – fa parte di un Paese europeo (la Danimarca non ha l’euro ma fa parte dal 1973 dell’Unione Europea). Che faremo, allora, quando Washington aumenterà la pressione per prendersi l’Isola più grande del mondo? Obbediremo in silenzio? E cosa ne pensano i sovranisti in salsa Maga sparsi per il continente? Cosa dice Salvini? E la premier-pontiera Giorgia Meloni ha qualcosa da dichiarare sulla difesa dei sacri confini europei? Forse, chissà, per “confini d’Europa” si intendono solo quelli a Est, lungo la frontiera con la Russia. A Ovest, invece, possiamo permetterci un po’ di vaghezza. In fondo, che sarà mai un’isola in meno. A che importa a noi europei – sempre se esiste questa definizione di “noi europei” – di un’Isola strategica sull’Artico, no?