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Eugenio Scalfari: “Matteo Renzi è il ‘resurrexit’ della politica italiana”

di admin |24 Aprile 2014 11:40

Eugenio Scalfari: “Matteo Renzi è il ‘resurrexit’ della politica italiana”

ROMA – Si intitola “Questa volta il premier mi piace. Ma…” è l’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari uscito il 20 aprile, giorno di pasqua, ed è stato visto da alcuni come “il tardo innamoramento di Scalfari per Renzi” o come un “elogio degli 80 euro“.

In realtà il fondatore di Repubblica riempie di “ma” la sua “benedizione” per l’ex sindaco di Firenze, del quale loda soprattutto la capacità di attrarre consenso e quindi di riuscire ad arginare i populismi anti-euro (leggi: Beppe Grillo) almeno fino alla fatidica data delle elezioni europee del prossimo 25 maggio.

Dopo, la speranza di Scalfari è che l’Italia benefici della ripresa che dovrebbe investire tutto il continente a prescindere dall’avverarsi o meno delle promesse su slide di Renzi.

Resta comunque una “benedizione”, quella di Scalfari, e il termine non è casuale visto il linguaggio molto pasquale con cui il novantenne giornalista promuove la strategia renziana:

“Il Resurrexit nella politica italiana ed anche europea ha il nome di Matteo Renzi. A me di solito non piace e l’ho scritto e detto molte volte.
RICONOSCO le sue doti di comunicatore e di seduttore; da questo punto di vista è il figlio buono di Berlusconi come anche il capo di Forza Italia ha riconosciuto più volte. Buono perché è molto più giovane di lui e soprattutto perché non ha gli scheletri nell’armadio che abbondano invece in quello dell’ex Cavaliere di Arcore.
Ha coraggio ed ama il rischio, ma politicamente improvvisa e spesso le sue improvvisazioni sono fragili, pericolose e preoccupanti.

La sua operazione di taglio del cuneo fiscale è preoccupante: appartiene a quel tipo d’intervento, specie per quanto riguarda le coperture, gran parte delle quali scricchiolano, cartoni appiccicati l’uno all’altro con le spille che spesso saltano via; sicché non è affatto sicuro che convinceranno le autorità europee a dare via libera e concedergli di rinviare a due anni il rientro nel limite del 3 per cento del rapporto tra il Pil e il deficit del debito pubblico.

E poi: la tassa sulle banche è retroattiva e comunque è una una tantum non ripetibile, i tagli della Difesa sono rinviati ma non aboliti; il maggior incasso dell’Iva è un anticipo d’un anno e ce lo troveremo sul gobbo nel 2015; il pagamento dei debiti alle aziende creditrici, che doveva essere almeno di 17 miliardi, è stato ridotto a 7. Infine gli incapienti con redditi inferiori agli 8 mila euro annui e quindi esentati dal pagamento dell’Irpef avrebbero dovuto precedere per evidenti ragioni di equità il bonus in busta paga che premia i redditi superiori. Senza dire dei contributi da parte dei Comuni il cui pagamento però può essere accompagnato dall’aumento delle imposte comunali che potrebbero vanificare o ridurre fortemente il bonus di 80 euro in chi in quei Comuni risiede.
Questi aspetti negativi sono stati ampiamente segnalati nei loro articoli dai colleghi Boeri, Fubini, Bei, De Marchis, Conte, sul nostro giornale e da Dario Di Vico sul Corriere della Sera , dando un bilancio nettamente negativo dell’operazione.

Eppure a me questi vari e sconnessi cartoni appiccicati con le spille piacciono. Insolitamente lo trovo soddisfacente nonostante le numerose insufficienze che ho appena segnalato.
La ragione è semplice: è una sveglia, uno squillo di tromba in un disperato silenzio di sfiducia e di indifferenza. Probabilmente sposterà voti nelle prossime consultazioni europee pescando nell’elettorato dei non votanti, degli indecisi, dei grilli scontenti, dei berlusconiani delusi e tratterrà in favore del Pd tutti gli elettori incerti e critici di una leadership accentratrice e assai poco sensibile ad un lavoro di squadra che non sia ristretta al cerchio magico degli yes man che restano intorno al giovane fiorentino.
Si è detto da molte parti che l’operazione del bonus in busta paga non è un programma organico ma uno spot elettoralistico. È esattamente così e venerdì sera nella trasmissione Otto e mezzo l’ha ammesso lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che del cerchio magico è indiscutibilmente il capo. Concordo con lui: è uno spot elettorale che forse, speriamolo, diventerà un programma pensato e strutturato nel 2015.

Ma se, come i sondaggi indicano, il risultato elettorale del 25 maggio vedrà il Pd al primo posto, largamente davanti a Forza Italia e a Grillo, quel risultato non sarà soltanto un effimero successo di Renzi che certamente soddisferà il suo amor proprio; ma cambierà anche i rapporti di forza nella politica italiana e la posizione del nostro paese nella politica europea; aumenterà il nostro prestigio all’interno del Partito socialista europeo; rafforzerà la posizione di Schulz che corre proprio in quei giorni per conquistare la poltrona di presidente della Commissione di Bruxelles; rafforzerà il baluardo contro i populismi anti-europei o euroscettici opponendo ad essi un altro tipo di populismo che in questo caso è costruttivo; relegherà i berluscones ad un ruolo marginale incoraggiando uno schieramento liberal-moderato attorno al centrodestra di Alfano, Lupi, Cicchitto, Quagliariello.
Se vogliamo dire tutto dobbiamo anche aggiungere che il percorso di cui Renzi si è servito per costruire il suo spot era già stato avviato e in molti settori anche portato a termine e contabilizzato in appositi atti legislativi dal governo di Enrico Letta“.

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