
PADOVA – Non ha capito quali documenti andavano presentati per chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno perché in Questura non parlavano cinese. Per questo una immigrata cinese, già in Italia da 5 anni, rischiava l’espulsione. Ma il Tar del Veneto l’ha salvata, annullando la procedura di rimpatrio e condannando anche il ministero dell’Interno al pagamento delle spese processuali.
La storia è raccontata da Carlo Bellotto sul Mattino di Padova, che osserva come ai migranti non si applichi il caro vecchio principio per cui la legge non ammette ignoranza. Oltretutto, sottolinea lo stesso quotidiano, dopo 5 anni in Italia dove evidentemente era intenzionata a rimanere, possibile che la donna non avesse imparato una parola di italiano?
“Quello della signora cinese è solo l’ultimo dei ricorsi ai giudici amministrativi veneziani presentati da stranieri: negli ultimi tempi, infatti, si sono moltiplicate le cause da parte di extracomunitari che contestano il diniego del permesso di soggiorno da parte degli uffici competenti.
E non è raro che vincano, visto che a volte la procedura applicata nei loro confronti non è stata giudicata del tutto regolare, o comunque vengono ravvisati dei vizi procedurali. Tra l’altro, gli stranieri sono sempre di più e l’aumento di possibili cause sarà esponenziale nei prossimi anni. Facile prevedere quindi un ingolfamento della giustizia amministrativa. Che – giusto ricordarlo – ha l’obbligo di verificare caso per caso. Il più delle volte i ricorsi vengono rigettati, ma crescono in continuazione, nonostante rivolgersi a un legale per pretendere giustizia abbia un costo elevato.
Sempre di pochi giorni fa è un’altra sentenza che riguarda un marocchino residente a Padova che è riuscito a far condannare il ministero dell’Interno (sanzione di 1.500 euro più spese processuali) facendo annullare l’atto nel quale la prefettura rigettava la richiesta di emersione del lavoro irregolare (si tratta di un beneficio previsto dalla legge per gli imprenditori che dichiarino di aver avuto lavoratori stranieri in nero dei quali hanno denunciato la presenza entro una tale data). Una situazione complessa in merito alla quale è riuscito a dimostrare di aver lavorato in una ditta nonostante fosse stato occupato per un periodo in nero. Quindi senza produrre alcun documento contabile. Per i giudici veneziani «è possibile addivenire al rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione anche in assenza delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo pari ad almeno 6 mesi».
È ricorsa al Tar pure un’altra signora cinese che nell’istanza ha fatto presente ai giudici che non ha potuto presentare nei tempi consentiti il certificato di frequenza dell’Università di Padova a causa di un blocco informatico il quale avrebbe impedito per motivi tecnici l’accesso alla frequentazione on-line del corso di laurea in Scienze e Tecniche psicologiche. Stavolta i giudici hanno rigettato il ricorso”.