Raz Degan: "Ho bevuto solo acqua per 10 giorni", ma cosa accade al corpo se digiuniamo così tanto tempo? (blitzquotidiano.it)
Negli ultimi anni, il digiuno è diventato una delle tendenze più discusse nel mondo del benessere, complici anche le numerose testimonianze di personaggi noti che raccontano esperienze rigeneranti legate all’astensione dal cibo. Uno degli esempi più recenti è quello dell’attore Raz Degan, che ha dichiarato pubblicamente di aver digiunato per dieci giorni bevendo solo acqua. Secondo le sue parole, si tratterebbe di una pratica benefica per il corpo, in grado di “ripulire l’intestino, ringiovanire l’organismo e ristabilire l’equilibrio interiore”.
Tuttavia, nonostante il fascino di un detox totale, i medici e i ricercatori mettono in guardia: bere solo acqua per un periodo così prolungato può innescare meccanismi pericolosi e va affrontato con estrema cautela. Scopriamo nel dettaglio cosa succede realmente all’organismo in queste condizioni.
Il digiuno idrico è una forma estrema di digiuno in cui l’unico apporto consentito è quello dell’acqua. Non si introducono alimenti solidi né bevande che contengano calorie. I sostenitori di questa pratica parlano di depurazione profonda, disintossicazione, miglioramento della lucidità mentale e reset completo del sistema digestivo.
In realtà, questo tipo di approccio richiama abitudini antiche, spesso legate a pratiche spirituali e filosofie orientali. Oggi, il digiuno idrico è tornato alla ribalta soprattutto sui social, dove viene spesso mostrato come un metodo efficace per dimagrire e disintossicarsi rapidamente. Ma quanto c’è di vero in tutto questo?
Nei primi due o tre giorni in cui si consuma solo acqua, il corpo utilizza le riserve di glucosio immagazzinate nel fegato e nei muscoli sotto forma di glicogeno. Una volta esaurite queste scorte, l’organismo è costretto a ricorrere ai grassi per produrre energia.
Questa fase può anche provocare alcuni effetti collaterali come:
Nel frattempo, il metabolismo rallenta in risposta alla carenza calorica, e il corpo entra in una sorta di “modalità di sopravvivenza”, riducendo i consumi per preservare energia.
Proseguendo oltre i cinque giorni, la situazione diventa più delicata. Il corpo comincia a disgregare parte delle proteine muscolari per produrre energia, specialmente se il tessuto adiposo disponibile non è sufficiente. La perdita di massa muscolare può portare a una compromissione funzionale del fisico, abbassando le difese immunitarie e indebolendo il tono muscolare.
A questo punto si possono manifestare sintomi più intensi come:
Molti riferiscono una sensazione di “lucidità” e leggerezza, che può essere legata alla produzione di chetoni, sostanze prodotte durante il metabolismo dei grassi. Tuttavia, questo non implica necessariamente un miglioramento dello stato di salute.
Uno dei riferimenti scientifici più autorevoli in materia è lo studio condotto da un team internazionale guidato dal Charles Perkins Center dell’Università di Sydney, in collaborazione con istituti italiani come l’Università di Verona e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. I ricercatori hanno monitorato un gruppo di 20 adulti sani durante 10 giorni di digiuno a base di sola acqua, seguiti da un periodo di rialimentazione controllata.
Il risultato ha sorpreso gli stessi scienziati: il digiuno prolungato ha innescato un’infiammazione sistemica acuta. Sono stati rilevati livelli elevati di proteine infiammatorie come la proteina C-reattiva, l’interleuchina-8 e la midchina. Questi biomarcatori sono noti per essere associati a un aumento del rischio di eventi cardiovascolari come infarto e ictus.
Inoltre, si è osservato un aumento della coagulazione sanguigna e una potenziale predisposizione alla formazione di trombi, condizioni che possono aggravare patologie preesistenti, soprattutto a carico del cuore e dei vasi sanguigni.
Va chiarito che il digiuno non è una pratica da demonizzare in toto. Se applicato in maniera controllata e personalizzata, può comportare diversi vantaggi. Il digiuno intermittente, per esempio, ha ricevuto grande attenzione per i suoi effetti positivi su:
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’alternanza di fasi alimentari e fasi di riposo metabolico può favorire un invecchiamento più lento e un miglioramento dei meccanismi cellulari di riparazione. Tuttavia, l’estensione e l’intensità del digiuno devono essere stabilite da un medico, tenendo conto delle condizioni di partenza.
Il digiuno estremo porta il corpo oltre i propri limiti fisiologici. Quando protratto per 10 giorni consecutivi, può compromettere seriamente la funzionalità di diversi organi, soprattutto in soggetti predisposti o con patologie non diagnosticate.
I principali rischi osservati includono:
Inoltre, la sensazione di benessere che alcuni riportano può mascherare uno stato di stress metabolico che, nel lungo termine, può risultare dannoso.
La spettacolarizzazione del digiuno sui social media rischia di normalizzare pratiche estreme che richiedono invece una valutazione clinica attenta. Influencer, attori e guru del benessere spesso condividono la propria esperienza personale senza considerare la diversità dei corpi, delle condizioni mediche e delle risposte fisiologiche.
Questa tendenza può generare emulazioni pericolose, in particolare tra i giovani o tra chi cerca soluzioni rapide per perdere peso o “purificarsi”, senza avere strumenti per valutare i potenziali danni.
Il messaggio da portare a casa è semplice: il digiuno non è una scorciatoia per stare meglio, ma una pratica che può avere effetti molto diversi da persona a persona. La chiave è l’equilibrio, non l’estremo.
Chi desidera sperimentare il digiuno per motivi di salute o benessere dovrebbe sempre farlo sotto la guida di un medico o un nutrizionista, evitando soluzioni fai-da-te ispirate a trend online. Le evidenze scientifiche ci dicono che il digiuno intermittente ben strutturato può essere benefico, ma il digiuno idrico di 10 giorni senza supervisione è una strada rischiosa.