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L’attentato di Boston riavvicina i rapporti tra Stati Uniti e Russia

Licinio Germini |4 Febbraio 2023 13:04

MOSCA, RUSSIA – La pista cecena nell’attentato alla maratona di Boston potrebbe portare a un riavvicinamento tra Mosca e Washington in nome della comune lotta contro il terrorismo, dopo le tensioni legate alla lista nera Magnitski e in generale alla questione dei diritti umani.

Lo conferma la telefonata tra Putin e Obama, su iniziativa del Cremlino, nella quale i due leader hanno concordato sulla necessita’ di ”proseguire sulla via della cooperazione nella lotta al terrorismo e sui temi della sicurezza”.

Un modo per superare anche il congelamento della collaborazione anti crimine sulla sfondo della mini guerra fredda scoppiata nei mesi scorsi. E un’occasione per Putin di incassare un tacito consenso alla sua controversa repressione di quel che resta della guerriglia cecena, sullo sfondo delle crescenti preoccupazioni per la sicurezza delle Olimpiadi invernali di Soci 2014, a due passi dal Caucaso del nord.

La cooperazione potrebbe scattare anche nelle indagini sugli attentati di Boston, di cui sono sospettati i due fratelli di origine cecena ma trapiantati in Usa da oltre 10 anni, Tamerlan e Dzhokar Tsarnaev, il primo rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia e il secondo catturato in una gigantesca caccia all’uomo.

”Appena tutte le circostanze e i dettagli saranno chiariti, penso che le nostre intelligence entreranno in contatto” sul caso, ha spiegato Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino. I servizi segreti russi hanno lasciato filtrare di non aver fornito alcuna informazione sui due Tsarnaev, per il fatto che hanno vissuto fuori della Russia, ma hanno lasciato intendere che ora c’e’ un lavoro comune tra intelligence. Non e’ escluso tuttavia che i contatti ci fossero gia’ nel 2011, prima dello scoppio delle tensioni bilaterali. L’Fbi ha infatti indicato che aveva gia’ interrogato Tamerlan nel 2011 ”su richiesta di un governo straniero” non precisato, che secondo il New York Times e’ quello russo.

Una richiesta fondata su una informazione secondo cui il giovane era un sostenitore dell’Islam radicale e un credente fervente, cambiato drasticamente nel 2010 mentre si preparava a lasciare gli Usa per andare nel Paese che aveva chiesto la collaborazione dell’Fbi, per unirsi a gruppi clandestini non precisati. L’Fbi pero’ non avrebbe trovato traccia di alcuna attivita’ terroristica, anche se la madre di Tamerlan ha sostenuto in un’intervista alla tv in lingua inglese Russia Today che l’Fbi teneva suo figlio sotto controllo da tre-cinque anni e lo considerava ”un leader estremista”. C’e’ poi il giallo di un viaggio fatto da Tamerlan in Russia dal gennaio al luglio del 2012: cosa venne a fare in quel periodo?

Il padre Anzor assicura che fu solo una visita ai vari membri della famiglia, sparsa tra Daghestan e Cecenia. Una famiglia della diaspora cominciata con le deportazioni staliniane in Asia centrale di ceceni e ingusci, accusati di collaborazionismo con i nazisti. La famiglia Tsarnaev fini’ in Kirghizistan, nella piccola comunita’ cecena di Tokmok, una citta’ verdeggiante alle pendici innevate delle montagne che circondano la capitale Bishkek.

Li’ tutti ne hanno un buon ricordo. Poi, nel 2001, i genitori di Tamerlan e Dzhokar si trasferirono per un anno nel piu’ turbolento Daghestan, oggi la repubblica caucasica a piu’ alta tensione terroristica dopo la controversa pax cecena: loro sono tornati a vivere qui, lasciando i figli al sogno di una vita americana, frustrato forse da una falsa integrazione e trasformato in incubo dalle vendicative sirene di un estremismo islamico che continua a fare proseliti via web.

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