Politica

Genova in fiamme per la Samp in C, fredda sul duello Piciocchi-Salis

Salgono alti i fuochi artificiali sparati da piazza Alimonda, a Genova, una volta celebre tempio del tifo rossoblù e poi luogo delle celebrazioni G8, perché vi morì il ragazzo Carlo Giuliani negli scontri tra blak bloc e carabinieri nella famigerata estate del 2001.

La piazza nel cuore della Genova di mezzo si incendia di nuovo improvvisamente per la festa che i tifosi del Genoa fanno in piena notte per celebrare la retrocessione in serie C dell’altra squadra genovese, la Sampdoria dei grandi fasti di decenni fa, precipitata in due anni dai vertici del calcio all’abisso semiprofessionistico per la prima volta negli 80 anni della sua storia.

Che è stata un’opposizione a quella gloriosa del Cricket and Fotball Club del Genoa, fondata nel 1893 dagli inglesi, la prima squadra del calcio italiana e dove se non a Genova la città più inglese d’Italia, scelta perfino nel 1965 dai Beatles per uno degli unici tre concerti in Italia.

“Il Secolo XIX”, quotidiano genovese, una volta di proprietà dei Perrone famiglia storica dell’Ansaldo, poi diventata editrice pura di questo giornale, dedica le sue prime otto pagine a questo evento, alla faccia del papa Leone XIV appena eletto, della fragile tregua tra Russi e Ucraina agli ultimi eccidi di bambini nella striscia di Gaza.

A Genova il calcio vale più della politica

Genova in fiamme per la Samp in C, fredda sul duello Piciocchi-Salis – Blitzquotidiano.it(foto ANSA)

E soprattutto alla faccia delle imminenti elezioni comunali che la Superba sta per celebrare tra quindici giorni, in uno scontro diventato sempre più incerto, dopo il vantaggio netto della candidata del centro sinistra, la ex carneade Silvia Salis sul candidato del centro destra Pietro Piciocchi, vicesindaco uscente e ex braccio destro di Marco Bucci.

Il direttore de “Il Secolo XIX, Michele Brambilla, va in video per spiegare ai suoi lettori e non solo perché una retrocessione in serie C vale oggi più di ogni altra notizia. Non è solo calcio, spiega. Non è solo il sentimento profondo del tifo, passione e anche odio che scatenano le appartenenze alle squadre cittadine rivali.

E’ ben di più, è l’economia della città è il sentiment che scavalca le altre emergenze. E il giornale ci corre dietro per spiegare, interpretare, discutere, intervistare…

Solo due giorni prima lo stesso giornale aveva schierato gli otto candidati sindaci in un dibattito pubblico nel grande salone di palazzo Ducale per scoprire quella che poi aveva definito la passione per la città di ognuno dei cavalieri e delle cavaliere candidate in una battaglia in verità molto noiosa, ripetitiva, stancante.

Ma allora Genova vibra più per quella retrocessione un po’ inattesa, anche se giustificata da vicende fallimentari di una società gloriosa nei tempi recenti o per una campagna elettorale che sembrava scontata con la vittoria della bella Silvia Salis paracaduta dai vertici del Coni alla battaglia zeneise?

Una città di tifosi

Il calcio a Genova è rimasto uno dei pochi appigli pubblici di grande evasione, avendo ben due squadre con tanto pubblico, l’unica in Italia dopo Torino, Milano, Roma ed essendo in classifica la sesta città per popolazione continuamente decrescente (oggi 500 mila abitanti).

Il Genoa più traballante in serie A, non negli ultimissimi anni ma nei decenni post bellici, dopo i gloriosi 10 scudetti dell’era archeologica, ha una media di spettatori che è la sesta in seria A, circa 31 mila abbonati e un tifo crescente.

La Sampdoria anche in B e dopo inenarrabili vicende societarie, aveva un pubblico di oltre 20 mila abbonati e un seguito clamoroso anche quando oramai era sull’orlo della serie C.

Fenomeni diversamente spiegabili, un po’ con tradizioni contrapposte, un po’ con iniziali catalizzazioni, anche geografico politiche.

La Samp nata nel 1946 nel quartiere di Ponente di Sampierdarena dalla fusione di Sampierdarenese e Andrea Doria, quindi inizialmente etichettata come la squadra del Ponente genovese dove in quel dopoguerra arrivavano a migliaia gli immigrati interni dal Sud per lavorare nelle grandi fabbriche dell’Iri.

Il Genoa, che era la tradizione nobile nel calcio italiano, nata in via Palestro, strada centrale tra il cuore urbano e la Circonvallazione a monte, con quell’impronta english di grandi personaggi. La storia calcistica ha poi prodotto evoluzioni diverse nelle proprietà e nei tifosi delle due squadre e nelle reciproche vicissitudini.

Il Genoa geneticamente più forte a Zena e quindi pericoloso e difficile da “possedere” per il timore di reazioni troppo forti dei tifosi.

Con investitori che sono oscillati inizialmente da grandi famiglie (vedi i Berrino) o self made man, come il costruttore edile degli anni d’oro, Renzo Fossati e poi Aldo Spinelli, l’autotrasportatore che da mozzo sulle navi era diventato uno dei più grandi imprenditori del trasporto, terminalista e epicentro anche degli ultimi terremoti giudiziari genovesi, al “giocattolaio” Enrico Preziosi, ex stradino di Avellino, poi diventato il Joker, con la sua azienda celebre per i “Giochi Preziosi”.

Fino a Dan Stancu il grande immobiliarista rumeno, appena approdato nella Superba dopo l’avventura finita malissimo di un fondo americano.

Ben più stabile la tradizione proprietaria sampdoriana, fino all’ultimo tonfo: da padroni nobili come il superarmatore anni Sessanta, Alberto Ravano, a Costa Grimaldi, nobili famiglie della high society genovese a Paolo Mantovani, ex general manager della grande famiglia armatoriale Cameli, grande broker di navi e di superaffari, il presidente che regalò alla Samp una grande squadra e l’unico scudetto della sua storia

Ai Garrone petrolieri e poi produttori di energie alternative, colossi veri dell’economia italiana, fino alla macchietta Ferrero, il cinematografaro romano dal quale dieci anni fa incominciò la caduta della squadra blucerchiata, miracolosamente salvata due anni fa da un fondo un po’ misterioso tra Italia e Singapore che però non ha impedito il crak di oggi. Serie C e perfino il rischio di uno sprofondamento ancora più abissale.

Ma è questa passione calcistica contrapposta tra sfottò genoani, che riempiono il web come un fiume inarrestabile e il lutto sampdoriano che domina oggi a Genova o l’attesa di quel voto cittadino, che non scalda tanto i cuori e che i sondaggi fotografano in oltre un 50 per cento di astensioni dal voto, che vale di più?

La politica non fa molto in termini di grandi guizzi. Ci sono semmai colpi bassi e polemiche striscianti, ma non troppo, come le frecciate scagliate contro la bella Silvia Salis.

L’ultima, della quale anche Bruno Tucci su Blitzquotidiano ha scritto, è quella relativa a un incidente stradale di oltre un anno fa del quale la candidata allora non certo in corsa sarebbe stata protagonista, investendo una donna sulle strisce di un attraversamento pedonale. Dell’incidente non si sapeva nulla fino allo scoop della “Verità” che continua a insistere con pagine intere sulla disavventura della trentanovenne candidata, che sarebbe da allora indagata per avere provocato alla sventurata donna investita lesioni non trascurabili, ancorché non gravi.

La versione in difesa appare molto poco appariscente. E non molti ci hanno speculato sopra. Ma quello è il sintomo di diverse aggressioni che la bella Salis sta subendo, come l’altra, questa volta lanciata dal suo concorrente, Pietro Piciocchi, con la quale si chiede con insistenza alla rivale di mostrare il suo libretto universitario per certificare bene la sua laurea in Scienze Politiche. Come se non fosse un titolo “vero”.

Frecciate o frecciatine, come l’altra fatta circolare sempre dagli avversari che anche se eletta e vincente Salis manterrebbe la sua famiglia a vivere a Roma con il piccolo figlio Eugenio, affidato al padre.

Tutti mezzucci polemici che cercano un po’ di snidare la candidata del centro sinistra ferma nel suo stile molto deciso, con pochi sorrisi, poco calore empatico, ma un lavoro capillare nella città, fatti di tanti incontri e di un sistematico sviluppo del suo programma, fondato soprattutto nella costruzione di “infrastrutture sociali”.

Salis riufiuta un confronto diretto con Piciocchi e questo esaspera il centro destra, immemore del fatto che i suoi concorrenti nelle elezioni precedenti avevano fatto lo stesso. Chi si sente forte, non affronta il “nemico” in un match testa a testa….

Piciocchi, invece, sta macinando il suo programma forse meglio che all’inizio, essendosi scrollato da dosso la un po’ opprimente figura di Marco Bucci, il “suo“ sindaco, che un po’ oscurava la sua identità intervenendo continuamente nella campagna.

Piciocchi è meno affascinante, come immagine, della bella Salis, che può giocare sul binomio della sua figura attraente con la severità del linguaggio e dei modi e il distacco dal passato, anche da quello pesante di una sinistra sconfitta da un decennio a Genova e in Liguria. Però dimostra di conoscere bene la macchina comunale e fa capire che senza di lui un po’ tutto si fermerebbe.
Ma in realtà tutta la campagna non si accende. Non ci sono visioni nuove tra il “continuismo” di Piciocchi e il salto in avanti di Salis. Non si sono nuove visioni, programmi che accendano prospettive e orizzonti per una città un po’ in mezzo al guado.

In calo di popolazione, con tante grandi opere in corso, ma non terminate. Zeppa di anziani con veri allerta sulle malattie delle terza e quarta età.

Il clima è tale e i sondaggi sono sempre a favore della Salis al punto che è incerta la visita di Giorgia Meloni prima del voto a Genova, più importante sede di elezioni in questa primavera. I leader che arrivano sembrano sempre un po’ di passaggio frettoloso…..soprattutto quelli del centro destra.

Allora meglio gli sfottò genoani alla Samp e il brodo del calcio pieno di passioni contrapposte….

Published by
Franco Manzitti