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Conosci il rito degli 11 desideri del 21 dicembre? Come si fa e perché è cosi amato

Ogni anno, con l’avvicinarsi del Natale, torna la tradizione del rito degli 11 desideri del 21 dicembre. Prevede di scrivere 11 desideri su altrettanti bigliettini e di bruciarne uno al giorno fino alla fine dell’anno, lasciandone uno solo, quello che dovrebbe realizzarsi nel nuovo anno. Non è una leggenda recente né un’invenzione dei social: si tratta di un rituale simbolico legato al solstizio d’inverno e al passaggio tra un anno e l’altro, oggi riscoperto come gesto di riflessione personale.

Cos’è il rito degli 11 desideri

Cos’è il rito degli 11 desideri (blitzquotidiano.it)

Il funzionamento è semplice e sempre uguale. La sera del 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, si scrivono 11 desideri, uno per ogni bigliettino. I foglietti vengono piegati e conservati insieme.

A partire dal 22 dicembre, ogni sera se ne prende uno a caso e lo si brucia senza leggerlo. L’operazione si ripete fino al 31 dicembre. Il desiderio che rimane intatto allo scoccare del nuovo anno è quello che, secondo la tradizione, avrebbe maggiori probabilità di realizzarsi.

La regola chiave è non rileggere i desideri durante il processo. Il rito non si basa sulla scelta consapevole, ma sull’abbandono progressivo.

Perché si fa il 21 dicembre

Il 21 dicembre coincide con il solstizio d’inverno, il giorno con meno ore di luce dell’anno. Da quel momento in poi, le giornate iniziano lentamente ad allungarsi. In molte culture antiche, questo passaggio segnava simbolicamente la fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo.

Il rito dei 10 desideri si inserisce proprio in questa logica: il buio come chiusura, la luce che ritorna come possibilità. Non a caso il rituale accompagna i giorni che separano il solstizio dalla fine dell’anno, un periodo tradizionalmente dedicato ai bilanci e alle intenzioni future.

Un rituale simbolico, non religioso

È importante chiarirlo: non si tratta di un rito religioso ufficiale, né di una pratica esoterica codificata. Non ha un’origine unica né un testo di riferimento. È piuttosto un rituale popolare, tramandato nel tempo e adattato, che unisce elementi simbolici comuni a molte culture.

La scrittura dei desideri serve a rendere esplicite aspirazioni spesso vaghe. Il fuoco rappresenta la trasformazione e il distacco. La selezione finale introduce un elemento di accettazione: non tutto può essere controllato.

Perché “funziona” per molte persone

Il successo di questo rito non va cercato nella magia, ma nella psicologia del cambiamento. Scrivere solo 11 desideri obbliga a fare una prima selezione. Bruciarne nove, uno alla volta, ridimensiona l’idea di poter ottenere tutto.

Il desiderio che resta assume un peso diverso: diventa un obiettivo simbolico, un punto di riferimento. Anche senza accorgersene, molte persone finiscono per orientare scelte e decisioni in quella direzione durante l’anno successivo.

In questo senso, il rito agisce come strumento di chiarezza mentale più che come promessa soprannaturale.

Il periodo che va dal solstizio a Capodanno è carico di significati: si chiude un anno, si teme il futuro, si fanno bilanci personali. Il rito degli 11 desideri intercetta questo bisogno di dare ordine al cambiamento.

Bruciare i biglietti diventa un modo per lasciare andare, mentre quello che resta rappresenta ciò su cui vale la pena concentrare energie e attenzione.

Il rito degli 11 desideri del 21 dicembre funziona perché risponde a una domanda semplice e universale: cosa voglio portare con me nel nuovo anno? In un mondo che spinge a desiderare tutto, questo rituale costringe a scegliere.

Ed è forse proprio questa rinuncia consapevole a renderlo ancora attuale, anno dopo anno.

Published by
Claudia Montanari