
Supercoppa Juve-Milan in Arabia Saudita: donne accompagnate dagli uomini (foto Ansa)

ROMA –Supercoppa italiana si gioca, si gioca a Gedda, Arabia Saudita, come previsto. Si gioca il 16 gennaio in uno stadio dove ci saranno settori vietati alle donne. Non si capisce di cosa si lamentino… Ormai possono guidare e saranno persino avvertite quando i mariti le lasceranno. Con un sms, del tribunale. La condizione della donna in Arabia Saudita è ormai avanzatissima. Rimane vietato per una donna avere un conto corrente e per essere operata continua ad aver bisogno dell’autorizzazione di un maschio, ma sono dettagli. Ecco perché la Lega Calcio, promotrice dei sani valori nostrani, ha deciso di celebrare lì la Supercoppa.
Per soldi, certo (22 milioni per 3 partite), ma anche per dimostrare che in Arabia sono così avanti che alle donne è concesso anche andare allo stadio a vedere 22 uomini che corrono in mutande. Il ricordo del segno rosso sulla guancia con cui il nostro calcio aveva voluto portare la sua solidarietà e mostrare la sua vicinanza al tema della differenza di genere, è ormai sbiadito. Tema, probabilmente, troppo complesso per molti di quelli che la faccia si erano colorata. O, in alternativa, solidarietà ipocrita pronta ad essere venduta.
Tra l’altro ad un prezzo ben preciso e, trattandosi di valori, anche bassino. Perché se 22 milioni fanno gola ad una Lega Calcio avara ed avida, sono bruscolini rispetto ad un tema come quello della condizione femminile che, per inciso, come tutti i valori non si mercanteggia. O almeno non si dovrebbe. La questione è, è ovvio, quella della gara tra Milan e Juventus per la Supercoppa Italiana in programma tra qualche giorno a Gedda, in Arabia Saudita.
In quell’Arabia che bombarda i civili in Yemen anche con le armi comprate in Italia, in quell’Arabia teocrazia sunnita che finanzia nemmeno troppo sottobanco jihad in mezzo Medio Oriente e Arabia che assassina giornalisti in giro per il mondo. Cosa c’entra il calcio italiano con tutto questo? Poco, è vero. Ma c’entra moltissimo con quello che la suddetta Arabia fa nei confronti delle donne costrette, ancora oggi, ad essere una sorta di appendice mal sopportata dell’uomo.
C’entra moltissimo perché Juventus e Milan non sarà una partita giocata in un Paese straniero, ospitante, per cui far valere l’antico ‘paese che vai usanza che trovi’. Ma sarà ed è un partita ufficiale della Lega Italiana. Una partita ufficiale in cui le donne, allo stadio, avranno i loro settori vietati. Ci saranno settori esclusivi per maschi. Niente donne: settori riservati. Come i sedili per bianchi sugli autobus americani prima di Rosa Parks, perché la donna, la femmina, essendo impura non contamini i posti degli uomini. Il nostro calcio, anzi la sua dirigenza che ancora una volta non fa nulla per dimostrarsi meno meschina di quella che è, ha molto a che fare con questo e anzi ne è responsabile.
In Lega cambiano gli uomini ma non lo spessore di questi. Ricordiamo le uscite di Tavecchio sui calciatori neri e non ci stupiamo quindi del Micciché di oggi che ci rassicura dicendo che le donne potranno anche andare allo stadio da sole quel giorno, che nel nostro Medioevo è un discreto passo avanti. Giocando la Supercoppa lì si accetta e peggio si avalla questa visione del mondo e della donna. Si riconosce e si introduce il concetto e la possibilità di dividere gli stadi e gli spazi per genere. Si svendono dei diritti, delle conquiste che noi occidentali, su questo sì più civili di molti altri, abbiamo conquistato in decenni di lotte e progressi civili.
Si svendono per 22 milioni di euro facendo, tra l’altro, finta di niente. Le cosiddette istituzioni twittano indignate ma, verosimilmente, guarderanno la partita su Rai1 che, nonostante le proteste del sindacato dei giornalisti interno, la trasmetterà. E il suddetto Micciché, cioè il volto ufficiale della Lega essendone presidente, fa finta che non ci sia nulla di strano. Gli consigliamo, se vuol andare a Gedda accompagnato, di accertarsi che la tribuna autorità sia bi sex. Le italiane, come forse sa, non sono come le saudite e giustamente non prenderebbero bene l’essere spedite nello spazio apposito.