Migranti e lavoro. Se si va alla ricerca di un posto, c’e la possibilità di averne uno in breve tempo. Nel settore della immigrazione clandestina. Attenzione, non si tratta di avere un lavoro con un contratto a breve o lungo termine ma solo di uno stage, per il momento. Però, è un passo avanti.
In genere se si è bravi e si dimostra di essere efficienti la porta del lavoro si apre. Di che si tratta? C’è da non crederci. Lo stage servirebbe per diventare scafisti “regolari”. Non sappiamo se con uno stipendio mensile, ma la richiesta è ufficiale, perché gli uomini che traghettano le persone in fuga non sono oggi sufficienti per il semplice motivo che il lavoro è tanto.
Un post su Twitter dice testualmente, in francese: “C’è un partner fra voi che lavori con me nella immigrazione via mare da Sfax in Tunisia, verso l’Italia e deve radunare della gente che vogliono emigrare?”. Lo riporta il Giornale, a corredo di un aritcolo di Francesca Galici; “Le partenze dalla Tunisia verso l’Italia sono in aumento”, e ciò “impone anche ai facilitatori una nuova organizzazione, come si evince dagli annunci di lavoro che hanno iniziato a comparire in quelle stesse chat in cui si propongono le partenze”.
Infatti, le cifre lo dimostrano. Nel 2023 i migranti giunti con ogni mezzo nel nostro Paese sono trentamila, il quadruplo rispetto all’anno precedente. Non solo: negli ultimi cinque giorni sono arrivati nel nostro mare 6500 persone.
Allora, questo vuol dire che il fenomeno non si ferma, è in continuo aumento, mentre chi dovrebbe cercare di arginare gli sbarchi risponde solo a parole, ma di fatti ce ne sono pochi. Insomma, Bruxelles tergiversa e il resto dell’Europa si disinteressa del problema perché tanto è un dilemma che non tocca quegli stati del Nord.
Sono anni che l’Italia protesta e dimostra la precarietà del caso. Con tutti i governi: di destra e di sinistra. Però purtroppo l’ideologia non è a favore della protesta perché quando si tratta di alzare la voce lo si fa soltanto quando si è maggioranza. Gli altri tacciono o, ancora di più, cercano di mettere il bastone fra le ruote a chi vuol prendere iniziative. Così, mentre la nave brucia, tutti mandano l’acqua al loro mulino infischiandosene di quel che sta accadendo sulle coste italiane, principalmente in quelle del Sud.
Ecco perché si è alla ricerca disperata di giovani (o meno giovani) che possano aiutare gli scafisti. Quelli che possiamo definire “i professionisti delle traversate,” sono in super lavoro e chiedono aiuto. Magari trovandolo tra quegli individui che scappano dal loro Paese, ma non trovano altrove l’Eden che immaginavano.
Se l’iniziativa avrà un seguito non lo sapremo mai ufficialmente perché è come se noi volessimo fare un censimento dei ladri o dei rapinatori. Insomma, bisogna cavarsela con le proprie risorse. Se l’intero Paese fosse unito, la situazione potrebbe migliorare, ma la realtà è diversa. Non ci sono i buoni e i cattivi, soltanto chi è progressista e chi non lo è.
I tentativi per superare questo enorme problema sono stati tanti: dal blocco dei porti alla abolizione della legge Bossi-Fini, dal fermare gli sbarchi impedendo le partenze alle polemiche sorte perché un naufragio vicino alle nostre coste aveva provocato un disastro. In più, ora nasce pure il braccio di ferro tra il governo Meloni e le ONG le cui unità navigano nel Mediterraneo centrale per aiutare le imbarcazioni in difficoltà ed in balia del mare in tempesta.
Ne esiste una che dovrà rimanere ferma per venti giorni in un porto del Mezzogiorno. Ne è nato un putiferio: con un ricorso al Tar e le solite violente polemiche tra maggioranza e opposizione.
Non è tutto: ora ad essere avversari a tutto campo sono anche le ONG e la guardia costiera. Quest’ultima accusa infatti la prima perché con i suoi interventi telefonici e altre iniziative del genere intralcia il lavoro dei nostri guardiani del mare. Che cosa si può dire di più? In una Europa diversa si sarebbe già trovata la quadratura del cerchio: con la ridistribuzione dei migranti divisi in parti uguali fra i vari Stati. Purtroppo non è così: basterebbe andare a dare un’occhiata a quel che succede a Ventimiglia: quei poveri cristi che riescono a fatica a oltrepassare i confini vengono rispediti in un amen a casa. C’è sovranismo e sovranismo, ma per tutti questo sostantivo è uguale.