ROMA – Standard & Poor’s: “Tagliate le tasse sul lavoro non Imu 2013 o Iva”. La bocciatura certificata da Standard & Poor’s sarà ingenerosa (Letta), va presa per quello che è (la Slovacchia è più affidabile dell’Italia?), ma, per esempio sulle nostre complicate dinamiche fiscali squilibrate, offre qualche utile lezione. Federico Fubini su Repubblica isola una frase significativa contenuta nel rapporto sull’Italia di S&P’s:
La composizione del bilancio è un deterrente alla crescita: le tasse sugli investimenti e sul lavoro sono più alte di quelle sulla proprietà immobiliare e sui consumi.
La conseguenza di questa sperequazione tra lavoro e rendita spiega “meglio di mille parole”, secondo Fubini, l’avvitamento di un Paese nel mirino della speculazione.
Un italiano che apre un’impresa paga tasse al 60% sull’attività, al 50% sul lavoro, e può finire strozzato dall’incapacità delle banche di dar credito o dell’amministrazione di dare i permessi. Invece un italiano che si dedica alla rendita, non crea un solo posto di lavoro, ma sarà premiato. (Federico Fubini, La Repubblica 10 luglio)
Fischieranno le orecchie ai duri e puri della cancellazione di Imu sulla prima casa e della sterilizzazione dell’aumento programmato Iva. Ma il Fondo Monetario prima e con più autorevolezza, S & P’s non fanno che ribadire convinzioni largamente condivise. Del resto, la tassazione sugli immobili già da ora e considerando l’Imu a regime, è la metà di quella imposta mediamente dai partner europei.
Anche il ministro dell’Economia Saccomanni preferisce evidenziare (anche oggi all’assemblea dell’Abi), tra le misure varate dal governo o in continuità con quello precedente, l’efficacia della restituzione dei crediti delle imprese con la PA o gli investimenti alle infrastrutture quali motori di crescita, rimanendo piuttosto evasivo su Imu e Iva e anzi interrogandosi più sulle coperture eventuali che sugli scopi. Non può dire che Imu e Iva liberate non generano automaticamente crescita, e occupazione.
Tornando a S & P”s, la società oggi ha precisato che quella tripla B è il frutto di un calcolo meccanico neutrale basato solo sui dati processati dalle grandi istituzioni internazionali e di non aver tenuto conto degli ultimi giudizi positivi sul nuovo corso virtuoso. Una attenuazione della bocciatura che non cambia una verità inaggirabile per risalire nella considerazione e nel rating: se non si liberano gli imprenditori di un po’ di fardello fiscale, se il lavoratore non trova più soldi in busta paga, resteremo gli ultimi in Europa per produttività, i meno attrezzati per competere, incapaci di intercettare i timidi segnali di rilancio.
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