Petrolio nel Po: la chiazza si avvicina minacciosa all’Adriatico

Pubblicato il 1 Marzo 2010 - 09:55 OLTRE 6 MESI FA

«Non credo che arriverà in Adriatico neppure una goccia d’olio e questo credo che sia l’obiettivo principale»: così il numero uno della Protezione Civile, Guido Bertolaso, al termine della riunione indetta in prefettura a Milano sull’emergenza ambientale dei fiumi Lambro e Po. «Al momento siamo tranquilli – ha detto Bertolaso – le verifiche le stiamo facendo, le analisi le stiamo facendo, i blocchi per arginare la macchia d’olio li abbiamo messi, ripeto non credo che in Adriatico arriverà neppure una goccia d’inquinante».

Bertolaso è tranquillo al riguardo, ma il suo ottimismo rischia di cedere di fronte agli ultimi sviluppi sulla macchia di gasolio che dal fiume Lambro è sfociata nel Po ed ora rischia di diffondersi nell’Adriatico. Per ora il gasolio nel mare non ci è ancora arrivato ma il rischio rimane dato che la chiazza d’olio nero viene trascinata dalla corrente ad una velocità di 3,3 Km orari.

Non si vede, ma se ne percepisce l’odore. Viaggia nella parte centrale del fiume, lontana dalle rive su cui si muovono uomini della Protezione civile, vigili del fuoco, forze dell’ordine, e sotto l’occhio attento dei tanti curiosi, accorsi sugli argini e i ponti come accade anche nelle temibili piene del Po. Da tre giorni lo spiegamento di forze è massiccio per contenere i possibili danni ad ambiente, agricoltura, pesca e turismo.

La corrente ha spazzato via le barriere di contenimento predisposte venerdì a Calto e Guarda veneta (una diga di galleggianti zavorrati lunga seicento metri) obbligando la Protezione civile ad allestire una seconda diga mobile a Polesella usando come appoggio i piloni di un ponte. L’obiettivo: assorbire il più possibile l’onda di idrocarburi prima che si sperdano nei tanti rami del Delta creando i presupposti per un disastro nei sistemi di irrigazione. Ma per far funzionare gli skimmer, le macchine che separano la frazione oleosa dall’acqua, vanno posizionate le barriere in neoprene e da qui in poi il Po si allarga fino a raggiungere i 6-700 metri prima del Delta.

Le analisi, eseguite dall’Arpav per monitorare la situazione dopo lo sversamento di idrocarburi passato dal fiume Lambro al Po e alla sua foce, hanno evidenziato, secondo quanto si è appreso, una presenza fuori parametro di “1.2 dicloroetano” o cloruro di etilene. La sostanza sarebbe riconducibile ad un solvente apolare impiegato come agente sgrassante e diluente per vernici: un composto cancerogeno, molto infiammabile, nocivo ed irritante per le vie respiratorie.Tutto ciò ha portato ad un divieto di utilizzo di acqua per scopi alimentari nei comuni di Porto Tolle, di Ariano Polesine, di Papozze e (parzialmente) di Taglio di Po. Lo stabilisce un’ordinanza emessa domenica sera dai sindaci in base alle analisi dell’acqua prelevata alle foci del Po, nella quale è stata rilevata la presenza del composto cancerogeno.

Non solo. A cinque giorni dal disastro ambientale del Lambro, scatta di nuovo l’allarme in Brianza per una macchia blu a filo d’acqua. Sono stati i volontari della Protezione civile, al lavoro per controllare lo stato del fiume, a segnalare un’estesa perdita nei pressi di Triuggio, a pochi chilometri dalla Lombarda Petroli di Villasanta. Sul posto sono arrivati immediatamente le guardie ecologiche, i carabinieri e la polizia provinciale, oltre ai vertici della Provincia di Monza e Brianza e l’Arpa. Non si tratta di un atto doloso e da un primo esame dovrebbe essere liquame di scarto proveniente da una delle tessitorie della zona. La macchia è stata subito fermata e in parte dissolta.