Campagna elettorale: una barzelletta su paradiso e inferno che Berlusconi non può raccontare

Pubblicato il 7 Febbraio 2011 - 08:24 OLTRE 6 MESI FA

Nel grande mondo post democristiano circola questa barzelletta, una delle poche che forse Berlusconi non racconterà mai.

Silvio Berlusconi si presenta a San Pietro e viene accolto con tutti gli onori. Gli viene anche offerto di scegliere dove soggiornare nel resto dell’eternità e anche di fare un sopralluogo preventivo.

L’alternativa è tra un paradiso, con l’atmosfera rarefatta dell’empireo, regolato dai ritmi di un monastero, fra pasti frugali, Lodi al Signore e strimpelli d’arpa e un inferno all’apparenza simile a quanto Berlusconi ha conosciuto bene e ha praticato in questo mondo.

Già la prima impressione, quando bussa alla porta per dare un’occhiata, non è male.

Gli apre un diavolo, né rosso né nero, bensì biondo, solo leggermente abbronzato come dopo una vacanza ai tropici, con indosso una sgargiante camicia hawaiana.

Subito arrivano calici di champagne, tartine al caviale, scaglie di parmigiano per frenare l’appetito e rasserenare l’alito, schegge di pizza napoletana e di salame di Felino.

Accolto come io suo io pensa gli sia dovuto, fa un giro negli ampi locali dall’inferno e vede qua un bunga bunga, là una invitante ammucchiata di corpi nudi e adolescenziali quelli delle ragazze, maturi ma quasi compattati per l’eternità dal chirurgo plastico del Padreterno quelli degli uomini, amplessi appena velati da un sontuoso baldacchino.

Poi tavole imbandite, musiche sfrenate, amici cari, che lo hanno preceduto che lo ,salutano distogliendosi appena dalle sfrenate attività erotiche in cui appaiono totalmente assorbiti.

San Pietro lo aspetta a metà strada tra i due portali: “Presidente, dottore, a lei la scelta. Ci dorma su, qui nella foresteria del Limbo e domattina mi dice.

Notte senza sonno, come d’abitudine, senza le dieci docce descritte da Patrizia D’Addario ma con ripetute alzate per quel tal problema che agli uomini viene con l’età e che non sembra passare nemmeno oltre il portone di san Pietro.

A un’ora ante lucana da noi, ma lassù in realtà qualunque ora è buona, Berlusconi si prepara con la consueta cura meticolosa, secondo le indicazioni del kit di Publitalia: cravatta blu a pois bianchi, blazer blu, denti che ci si può specchiare.

Non è san Pietro quello che mette in imbarazzo Berlusconi: “Non me ne abbia a male, santissimo padre, ma avrei scelto. Spero proprio di non urtare nessuno, lo faccio per il bene degli abitanti del paradiso, che mi sembra un po’ sovraffollato, mentre giù, all’inferno, mi sembrava ci fossero molti locali vuoti, potrei forse dare anche dei contributi….”.

San Pietro è lì da un paio di mila anni e ne ha visti di tutti i tipi e i sessi e le fedi e le età e non ha molto tempo da perdere: “Come desideri, Silvio. Ora Gabriele ti accompagna da Farfarello e ti affiderò a lui”. C’è una nota stonata, nel rapido cambio di tono del primo Papa promosso arbitro dell’aldilà, ma Berlusconi si scrolla di dosso il brivido di fastidio, ne ha viste ben altre lui tra Bossi, Fini e Bocassini.

Scende, rapido scambio di consegne tra l’arcangelo (in fondo anche quello è un segno di riguardo) e uno dei proto diavoli, due firme, un registro, adempimenti che sembrano tormentare un oltre tomba ancora non informatizzato.

Finalmente la porta dell’inferno si spalanca. Berlusconi non crede ai suoi occhi, fa un balzo indietro ma Farfarello è alle sue spalle, con un forcone a quattro punte e lo spinge avanti.

Fuoco, fiamme, rumori di catene, gemiti, urla, corpi appesi sottosopra, Malebolge è un giardino dell’Eden rispetto allo spettacolo che si offre al povero dannato.

Berlusconi, contrattazionista fino alla fine, punta i piedi, resiste al dolore del forcone e chiede a Farfarello: “Mi consenta, ma quando ci siamo visti ieri, le cose stavano in modo assai diverso”.

Gelida, nonostante il calor bianco dell’ambiente, la risposta: “Certo, ma ieri eravamo in campagna elettorale”.