Caldo, perché si muore? Oggi come ieri la natura è in agguato e il clima non perdona

di Marco Benedetto
Pubblicato il 28 Giugno 2019 - 14:51 OLTRE 6 MESI FA
Caldo, perché si muore? Oggi come ieri la natura è in agguato e il clima non perdona

Caldo, perché si muore? Oggi come ieri la natura è in agguato e il clima non perdona (Ansa)

ROMA – Morire per il caldo non è una prerogativa dei tempi di riscaldamento globale. L’estate da sempre, a quanto pare, ha rappresentato un momento di picco nella mortalità umana, senza distinzioni di età, genere o classe sociale. Dati precisi sono stati elaborati negli ultimi anni. Li troviamo esposti, con grafici, nel libro di Kyle Harper, Il Destino di Roma, Clima, epidemie e la fine di un impero.

Si tratta di un libro avvincente quasi quanto un romanzo giallo. Uno dei pochissimi studi che evidenziano nella giusta dimensione l’impatto del clima e della natura sul ciclo di vita degli imperi del passato, incluso, quello che più ci interessa da vicino perché ancora noi italiani ne scontiamo le conseguenze, quello romano.

Secondo  Harper, “la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno segnavano un periodo di crescente mortalità”. La curva da lui riprodotta infatti si impenna fra luglio e ottobre. In realtà per gli anziani la strage aveva inizio fin dal mese di giugno, come mostra lo stesso grafico. Per i vecchi il clima era spietato anche d’inverno, gli andava bene solo la primavera.

Erano altri tempi, c’è da dire, e i numeri dei morti per il caldo erano ben superiori a quelli di oggi. 

Oggi anche pochi decessi fanno notizia. Una volta se ne andavano a migliaia, non solo per il caldo ma anche per le malattie e le epidemie che le precarie o inesistenti condizioni igieniche favorivano. Immaginate: un milione e più di persone ammucchiate letteralmente all’interno dell’area di Roma centro, sommersi dalle feci, avvolti dalle mosche e dalle zanzare. Anche la malaria, con le paludi che arrivavano alle porte di Roma, faceva la sua parte.

Sarebbero dati su cui riflettere, in questi giorni di polemica sulla immondizia che tracima dai cassonetti di Roma. Certo le condizioni igieniche di oggi sono incommensurabilmente migliori, ognuno di noi le sue terme ce le ha in casa. E poi anche i più “poveri” hanno possibilità di sfuggire alla canicola rifugiandosi al mare o nella casa dei nonni nelle campagne da cui sono venuti. O almeno la maggior parte di loro.

Colpisce anche, col gran caldo di questi giorni, l’assenza di misure contro l’inquinamento. Sarà che gli ambientalisti nostrani hanno tutti la seconda casa e sono già in vacanza? Eppure le automobili, se sono davvero la prima causa di inquinamento, circolano anche nel caldo, anzi, con l’aria condizionata accesa, probabilmente inquinano anche di più. Viene il dubbio che a inquinare l’atmosfera, d’inverno, più che le automobili siano le caldaie del riscaldamento delle case. Ora che sono spente, l’aria è più pulita anche se piove per niente o quasi.

Appare evidente che sciocchezze come le domeniche a piedi, peraltro part time, costituiscono solo esibizioni per compiacere segmenti di elettorato chiassoso e facinoroso. Sono anche indice della scarsa fantasia dei politici. Per carità, non pigliamocela con la solita Raggi. Ben più danni a Roma hanno fatto prima di lei Veltroni, Alemanno e Marino.

Rompere le scatole ai cittadini la domenica, per compiacere un po’ di sanculotti, peraltro impedisce di affrontare il tema vero, che, quale che sia la causa del riscaldamento globale, la natura non perdona e i nostri figli pagheranno anche per noi.

Prendere misure per limitare le emissioni e ridurre l’inquinamento è sacrosanto ma è solo un dettaglio.
Non sappiamo quanto sia colpa dell’uomo, che il suo contributo lo dà certamente. Ma fissarsi sulle colpe dell’industria fa vedere l’albero e non vedere la foresta.

La mia convinzione è che siamo in presenza di forze ben maggiori, che sia in atto uno quei turbamenti climatici che hanno sconvolto il mondo nei millenni e hanno determinato i più grandi sommovimenti della storia, migrazioni, progressi e regressi.

Altro che domeniche a piedi. Qualcuno ha mai pensato a proteggere la vecchia Genova se il mare si alzerà? A proteggere la Torre di Pisa, il Duomo di Milano o San Pietro da esagerati movimenti della terra? Venezia è un monumento alla incapacità di chi ci governa. Sono 30 anni che trafficano e non hanno ancora concluso. Forse la natura altri 30 anni non ce li darà…