Sciatteria. La nuova sede della Stampa inaugurata con la foto sbagliata

Pubblicato il 9 Settembre 2012 - 14:03 OLTRE 6 MESI FA

La Stampa di Torino si è trasferita in una nuova sede, per lasciare spazio alla trasformazione dell’area dove nacque la Fiat, tra corso Dante e via Marenco, in un quartiere di ibridi architettonici mai di sicura evoluzione immobiliare.

La nuova sede viene presentata come l’avvenire della organizzazione del lavoro giornalistico 2.3.

Allo scopo il giornale viene impacchettato in quattro pagine di sovra copertina in cui, tra l’altro sono rievocati i precedenti sedi e traslochi.

Qui chi ha curato la gallery ha commesso una piccola sciatteria, niente di grave per gli standard del giornalismo italiano ma difficilmente compatibile con il non plus ultra di una super sede avveniristica.

L’errore sembra confermare la convinzione che il buon giornalismo viene dal cervello e dal cuore e non dalle macchine o dagli uffici.

La foto che illustra l’esordio in via Marenco nel 1968 non proviene infatti da quel mitico anno di trasformazione, ma dal decennio successivo. Vi si vedono un elegantissimi Pierangelo Coscia, ormai capo redattore e una bella e giovane Marinella Venegoni, insieme con altri giovani che solo a vederli si capisce che non appartenessero alla generazione pre ’68.

Si tratta di un’inezia ma non proprio perché costituisce una caduta di culto della memoria che un giornale come la Stampa non si puo permettere. A meno che l’obliterazione non sia voluta.

In quell’agosto 1968 direttore della Stampa era Giulio De Benedetti (la nuova sede non gli porto fortuna: a dicembre venne sostituito oon Alberto Ronchey) ela pattuglia leader comprendeva Carlo Casalegno (ucciso qualche anno dopo da un commando terrorista), Giovanni Giovannini, Piero Martinotti, Tino Neirotti, Fausto Frittitta, lo stesso Ronchey.

Uno di loro, più scalmanato e vocifero degli altri, espresse il dissenso dei vecchi giornalisti facendo pipi da una finestra come contro battesimo.

Infatti, il passaggio a via Marenco non fu accolto con entusiasmo dalla redazione. All’epoca era estrema periferia, ben diverso dal salotto cittadino di via Roma. A pochi metri c’era l’obitorio l’atmosfera della zona era e in parte lo e’ ancora, quella di una post industriale terra di nessuno.