Giornali in crisi, nel “fondo” di Omar Monestier sul Messaggero Veneto il segreto del successo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Luglio 2016 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Messaggero Veneto. Il saluto del neodirettore Omar Monestier

Messaggero Veneto. Il saluto del neodirettore Omar Monestier

ROMA – Messaggero Veneto. Il saluto del direttore Omar Monestier, che ritorna a dirigere il giornale del Friuli dopo una breve e fruttuosa esperienza al Tirreno di Livorno.

Nel desolante panorama della crisi dei giornali in Italia, il Messaggero Veneto è una consolante eccezione, è infatti il giornale che in questi anni ha performato meglio di tutti, perdendo, nell’arco di 10 anni, meno copie in edicola, un 25%, di tutti. Nello stesso periodo i grandi giornali o anche i piccoli che si occuano solo di politica hanno perso una fetta importante delle loro vendite, fino a metà, due terzi delle tirature di inizio crisi.

Quando si parla di crisi dei giornali, tutti pensano a internet, nessuno pensa alla tv, meno che mai a come i giornali sono fatti dai direttori e dai “padroni” loro mandanti.

Il successo del Messaggero Veneto è frutto di una chimica complessa, che è stata spiegata così:

“Ha avuto dei bravissimi direttori, copre con maniacale attenzione il territorio, fa poca politica nazionale e ha un sito internet a dir poco avaro di notizie. Il Messaggero Veneto ha perso, in 15 anni, solo un quarto delle copie che vendeva nel 2000, merito di una marginalità friuliana che ha preservato il giornale dai capricci del potere di Roma, di una sequenza fortunata di direttori che non volevano andare a dirigere Repubblica, un sito internet dei peggiori”.

Una nuova conferma è nel “fondo” con cui il neo per la seconda volta direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, saluta i lettori affidandosi a una riflessione sull’identità del Friuli tra modernizzazione e radici. Una riflessione che coincide con un gradito ritorno nella terra d’origine in cui, sulla scorta del precursore del pensiero autonomista friulano Tiziano Tessitori, traccia il profilo di un “tipo” friulano capace di concorrere, con voce e cultura irriducibili, allo sviluppo di un mondo in costante trasformazione.

Senza dimenticare quindi specificità e carattere locali, ma evitando la trappola del provincialismo chiuso in se stesso, onorando la memoria e la tradizione di un popolo che, come dimostrò il terribile terremoto di 40 anni fa, non è mai domo. E che merita un quotidiano attento al territorio e capace di gettare un ponte con l’esterno. Magari guardando più a istanze e progetti dei friulani che limitarsi ad registrare le contorsioni politiche incomprensibili anche a Roma (e che fanno perdere lettori).

La Storia ha dato ragione a Tiziano Tessitori, il quale si batté per la creazione di una unità federata dentro lo Stato nazionale. Poco importa, ora, sapere che non è la Regione così come la vediamo realizzata l’obiettivo primario di Tessitori, che l’inclusione di Trieste sia stata subita.

Col realismo dei posteri possiamo ben dire che quell’allargamento a Est, così temuto, così contrastato, è stato digerito nella quotidianità senza traumi sostanziali. Mi spingo a sostenere, ben sapendo che per molti amici friulanisti questa è considerata una eresia, che l’allargamento all’area giuliana ha arricchito reciprocamente le città.

Ciò ha impedito la chiusura claustrofobica dentro i confini geografici dei quattro capoluoghi regionali. Tessitori scriveva che alla fine «l’autonomia trionferà». Così è stato, nonostante la differenza fra il sogno e la sua realizzazione.

[…] L’Autonomia non è statica. Anzi, si muove e si rigenera più velocemente del corpo statale nel quale è inserita. Non bisogna aver paura di ammodernare il sistema amministrativo sul quale poggia la Regione. L’Autonomia è anche sperimentazione.

Il Friuli Venezia Giulia ha affrontato prima di tutti la sterilizzazione delle Province, sta tentando di avviare forme più efficienti e meno dispendiose di servizi resi dalle amministrazioni comunali. È un cammino facile? No. Lo vediamo nella gestione della legge sulle Uti. Il dibattito è acceso e il Messaggero Veneto continuerà a raccontarlo senza pregiudizio, essendo certo che il rispetto dei diritti dei cittadini viene prima delle difese ad oltranza, sovente immotivate, dello status quo promuovendo dibattiti e ospitando tutte le opinioni.

Tutto ciò continueremo a esplorare, in continuità con i direttori che mi hanno preceduto, nella scia dell’inarrivabile Vittorino Meloni, protagonista assoluto di una lunga stagione di successi.

Non dimenticheremo il rigore di Sergio Gervasutti, gli insegnamenti di Sergio Baraldi, la competenza di Andrea Filippi e la profondità di analisi di Tommaso Cerno, al quale mi lega una amicizia non banale e un comune impegno a favore delle battaglie civili. Gli sono riconoscente per il giornale che mi consegna e per i suggerimenti che ha voluto lasciarmi come viatico per mandare in edicola e on line un Messaggero Veneto sempre più ricco e completo, capace di rendere un servizio all’attesa delle aspettative.

Non voglio dimenticare un ragazzo straordinario, Enrico Mascilli Migliorini che a 23 anni, nel 1946, riusci a stampare fra mille difficoltà la prima copia di quella che sarebbe diventata la voce di questa terra. Ancor oggi vigila sul Messaggero Veneto e gliene siamo riconoscenti.
(Omar Monestier, Il Messaggero Veneto)