Con “Animal Kingdom” Michod riscrive i canoni del gangster movie

Pubblicato il 18 Novembre 2010 - 10:35 OLTRE 6 MESI FA

Un crime movie semplicemente perfetto, da molti già considerato il miglior titolo dell’attuale stagione cinematografica. Vincitore del Sundance Film Festival 2010, “Animal Kingdome” dell’esordiente australiano David Michod – ex giornalista nonché autore della sceneggiatura – è un noir fuori da qualsiasi schema.

Ambientato in una Melbourne periferica e violenta, il film racconta le vicende del diciassettenne Joshua (James Frecheville) rimasto improvvisamente orfano e costretto a trasferirsi a casa di sua nonna Janine (Jacki Weaver). E’ qui che il ragazzo conoscerà i suoi quattro zii: il latitante Pope (Ben Mendhelson), il cocainomane Craig (Sullivan Stapleton), il giovane Darren (Luke Ford) e l’affascinante Baz (Joel Edgerton).

Tutti rigorosamente sorvegliati dalla polizia locale e legati da un affetto morboso alla sorridente nonna Janine. Una donna apparentemente dolce e premurosa – ma in realtà matriarca spietata incapace di tener a bada il suo branco – con la strana abitudine di baciare sulla bocca i suoi figli ormai grandicelli.

Per Jake le cose inizieranno a mettersi male quando la sua nuova famiglia deciderà di vendicare la morte di Baz, ucciso a sangue freddo da una squadra di poliziotti corrotti. Il ragazzo dovrà infatti scegliere se restare fedele al suo branco o abbracciare la via della legalità aiutando il detective Leckie (Guy Pearce)…

La pellicola di Michod, nel descrivere con sorprendente freddezza un’umanità malvagia e deteriorata, ha il pregio di riuscire a rievocare le atmosfere del miglior Scorsese (in particolar modo “Quei bravi ragazzi” e  “Mean Streets” ) senza mai abbandonarsi ai clichè del gangster movie. L’ex cronista australiano preferisce infatti affidarsi ad una messa in scena antispettacolare votata al più crudo realismo per descrivere al meglio il milieu di Melbourne.

Una scelta che rende la violenza dei suoi personaggi ancora più raggelante proprio perché credibile. Non c’è tempo per alcun autocompiacimento estetizzante nella regia di Michod: ogni movimento di macchina – in particolar modo i frequenti ralenti alla Michael Mann – è finalizzato a descrivere minuziosamente il comportamento di individui spogliati ormai di qualsiasi umanità. Animali predatori guidati unicamente dall’istinto di sopravvivenza e per questo ancora più pericolosi.

Ma oltre alla bravura di Michod, gran merito va senz’altro riconosciuto ad un cast eccezionale, dove troneggiano le interpretazioni di Jacki Weaver – già in odor di Oscar come miglior attrice non protagonista – e dello spiritato Mendelshon capace di dar vita ad un personaggio di stampo decisamente tarantiniano.

La potente struttura narrativa che consente di mantenere alta la tensione per il tutto il corso del film e l’ottima colonna sonora di Antony Partos fanno il resto. Duro, folle, crepuscolare e ricco di colpi di scena. L’esordio di Michod sfiora il capolavoro. Applausi.