Venezia. Mazzini, un ‘terrorista’ dell’800 in “Noi credevamo” di Martone

Pubblicato il 7 Settembre 2010 - 19:31 OLTRE 6 MESI FA

Mario Martone presenta al Festival del Cinema di Venezia la sua fotografia di Giuseppe Mazzini e dell’Italia risorgimentale, con qualche tratto inedito. Il regista presenta un Mazzini terrorista nel suo  ‘Noi credevamo’, che sarà nelle sale a novembre 2010 distribuito da 01.

”E’ un film tragico, catartico, che spero produca nei giovani qualcosa e tolga al Risorgimento quell’aspetto imbalsamato”, dice subito Martone per presentare il suo film realizzato con il sostegno del Comitato Italia 150, e che racconta il Risorgimento senza retorica e con una prospettiva inedita.

”La spinta iniziale nel realizzare questo lavoro – spiega il regista – è stata una riflessione che ho cominciato a fare dopo l’11 settembre pensando al rapporto fisiologico tra terrorismo e lotta per l’indipendenza nazionale” Comunque questo lungometraggio, ribadisce più volte Martone è basato su documenti storici:”anche se, va detto, strizza anche l’occhio all’attualità”. La figura di Mazzini, ad esempio, può ricordare quella di un terrorista: “Lo stesso Marx ed Engels vedevano in lui un terrorista – spiega il regista che si divide tra teatro e cinema – comunque un uomo di cui non condividevano troppo i metodi estremi”.

Una figura da terrorista quella di Mazzini che, sempre secondo il regista, “è comunque più vicina all’integralismo religioso che alla Brigate Rosse. Mazzini – dice – era un uomo profondamente religioso e mistico che allevava in qualche modo dei martiri”.

Quello poi che sostiene nel film il rivoluzionario Domenico (Luigi Lo Cascio), ovvero di vivere ”un’Italia, gretta, superba e assassina” (una frase tratta dal romanzo omonimo di Anna Banti da cui è tratto il film) è ancora vero. ”Quell’Italia continua a persistere – dice Martone – divisa ancora come è da paure profonde e la tendenza ad affidarsi a una figura autoritaria”. Mentre, durante l’incontro stampa, sempre su Mazzini spende qualche parola anche Luca Barbareschi che in ‘Noi credevamo’ interpreta l’ambiguo Antonio Gallenga:”il fatto è che Mazzini faceva i suoi proclami da Londra, al sicuro, ma il sangue lo davano poi gli altri”.

Su questa continuità di un’Italia ancora non risolta e divisa fin dal Risorgimento tra spinte repubblicane e autoritarie (monarchiche), anche il vezzo di Martone di omettere nel film di cancellare elementi di modernità come capita appunto in una scena di ‘Noi credevamo’ con una costruzione in cemento armato su una spiaggia del cilento. ”Ho lasciato quello scheletro di speculazione edilizia – dice – per far capire quanto male facciamo nel nostro Paese”.