Blue Whale: il rituale social della morte. La Polizia postale: “Non è un gioco, genitori vigilate”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Maggio 2017 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Blue Whale: il rituale social della morte. La Polizia postale: "Non è un gioco, genitori vigilate"

Blue Whale: il rituale social della morte. La Polizia postale: “Non è un gioco, genitori vigilate”

ROMA – Blue Whale: il rituale social della morte. La Polizia postale: “Non è un gioco, genitori vigilate”. La morte è la salvezza: va conquistata e va filmata. Lo dice il ‘Blue Whale’, la ‘Balena azzurra’, rituale psicologico che porta gli adolescenti a una depressione profonda, da cui ci si libera solo con il suicidio. A tutti gli effetti è un fenomeno da social network. Il gioco sembra essere nato in Russia, dove è stato collegato a 150 casi di suicidi tra ragazzi tra i 9 e i 17 anni. E la tendenza sembra ora fare capolino anche in Italia, dove negli ultimi giorni si sarebbero registrati diversi casi.

“Saltate da un edificio alto. Prendetevi la vostra vita”, è l’ultima delle 50 sfide, che prevedono atti di autolesionismo, come incidersi con il rasoio il disegno di una balena sulle braccia, e la modifica dei ritmi di vita: svegliarsi alle 4 del mattino per guardare film horror e psichedelici. Nessuno sa chi abbia ideato questo gioco della morte ma, quel che è certo, è che la rete ha fatto da passaparola e il ‘Blue Whale’ è stato divulgato nel resto del mondo, tramite siti, chat, link su WhatsApp.

Un fenomeno cresciuto a dismisura secondo la polizia postale, che invita a segnalare i casi sospetti. Le ‘regole d’ingaggio’ sono ferree e crudeli, mirano innanzitutto ad alterare il rapporto veglia-sonno per rendere la persona docile e sottomessa, pronta a seguire un percorso fatto di prove crudeli fino all’ordine finale: ‘ucciditi’. “Un fenomeno che viene chiamato con tanti nomi, ‘blue whale’, ‘balena gigante’, ‘Moby Dick’ e che consiste in un percorso di follia di prove estreme che attira, soprattutto, i nativi digitali tra i 12 e i 17 anni”.

A spiegarlo è Carlo Solimene, direttore della divisione investigativa della Polizia postale che da tempo lavora per la sicurezza del web e prevenire la diffusione di questa nuova ‘moda’. “Non stiamo parlando di un gioco – chiarisce – ma di un comportamento pericolosissimo e contagioso”. “I gruppi che si autocostruiscono sul web – aggiunge Solimene – insistono sull’emulazione, spacciando le prove a cui gli adepti devono sottoporsi come un percorso di coraggio per uscire dall’adolescenza. A rimanere coinvolti sono i ragazzi più soli, quelli che hanno una frequentazione massiva con la rete, molti amici virtuali ma quasi nessuno reale”.

“Tra le prime indicazioni agli affiliati – prosegue – c’è quella di non parlare con i genitori di quello che si va facendo, per poi proseguire con lo svegliarsi in piena notte per vedere film horror, e per far questo imbottirsi di caffè, infliggersi tagli e ferite fino ad arrivare a gesti estremi”. “Per questo – dice ancora Solimene – non ci stanchiamo di predicare ai genitori l’attenzione nei confronti di alcuni segnali, come l’isolarsi del figlio, la perdita di interesse per lo sport che prima praticava, il peggioramento del rendimento scolastico”.

Intanto “i nostri specialisti ‘spazzano’ il web e monitorano costantemente la Rete. Grazie all’inserimento di alcune parole ‘chiave’ sono in grado di controllare i social e cogliere segnali di allarme”. “Ma – spiega il funzionario – un grande aiuto ci arriva dalla scuola che ha capito l’estrema pericolosità del fenomeno, anche per il lavoro che come polizia postale stiamo facendo insieme al Miur. Dunque riceviamo segnalazioni sia dai docenti che dai presidi che ci consentono di intervenire per verificare, intervenire e prevenire”. E per prevenire Solimene fa appello ai genitori: “cercate di crescere insieme ai vostri figli anche sul web, lasciatevi incuriosire da ciò che a loro piace, osservate le loro abitudini, siate attenti e se notate segnali di pericolo chiedete aiuto”.