Carolina Picchio, il suicidio e la denuncia a Facebook visti dai giornali esteri

Pubblicato il 27 Maggio 2013 - 20:38 OLTRE 6 MESI FA

Carolina Picchio, il suicidio e la denuncia a Facebook visto dai giornali esteriROMA – Il caso di Carolina Picchio, la quattordicenne di Novara suicida perché vittima dei bulli, è finito sulle prime pagine dei giornali stranieri. A destare scalpore è la decisione del Moige (il movimento dei genitori) di denunciare Facebook per “omesso controllo” nel suicidio della giovanissima studentessa piemontese.

A parlarne sono il Telegraph, il Daily Mail e, negli Stati Uniti, anche Jezebel, che raccontano la triste vicenda di Carolina e di quei video di lei alla festa, dove appariva mentre scherzava con alcuni ragazzi, e dei presunti insulti che alcuni “cyberbulli” avrebbero riservato sui social network.

“Non è già abbastanza quello che mi hai fatto?”. È il Telegraph a riportare le ultime parole che Carolina avrebbe scritto al suo ex ragazzo, e quel messaggio di addio su Facebook: “Perdonatemi se non sono forte. Non riesco più a sopportarlo”.

Il Telegraph riporta anche la decisione del Moige di denunciare Facebook per “corresponsabilità per omesso controllo nel suicidio della giovane Carolina” e dell’intenzione di costituirsi parte civile se e quando ci saranno altri casi come quello della quattordicenne novarese. “Questa è la prima volta in Europa che un gruppo di genitori sporge denuncia contro Facebook – ha spiegato al quotidiano britannico il fondatore dei Moige Antonio Affinita – La legge italiana proibisce ai minorenni di firmare un contratto, ma Facebook stipula un contatto con i minorenni circa la loro privacy, senza che i genitori ne sappiano nulla”. Affinita ha anche detto che il suicidio di Carolina è stata “l’ultima goccia” dopo il suicidio di un 15enne romano, che qualche mese prima si era tolto la vita perché accusato dai compagni di scuola di essere gay.

“L’indignazione per la morte di Carolina – spiega Jezebel – ha alimentato l’ipotesi di mettere sotto indagine alcuni dipendenti europei di Facebook. I magistrati italiani hanno già sfidato i social media, con tre dirigenti di Google condannati con sospensione della pena nel 2010 per un video che mostrava uno studente portatore di handicap mentre era oggetto di bullismo”.