C’erano una volta il negozio all’angolo, 44 in meno e non è finita

Pubblicato il 6 Marzo 2009 - 17:15 OLTRE 6 MESI FA

Hanno vissuto anni molto grassi, hanno approfittato anche oltre misura del change-money, del passaggio dalla lira all’euro. In circa tre anni 700 miliardi di euro di reddito sono stati più o meno forzosamente trasferiti dal lavoro dipendente a quello autonomo e gran parte di questi li hanno intascati proprio loro, i commercianti. Insieme a tutti coloro che potevano “fare il prezzo” della merce che vendevano, insieme ai professionisti i commercianti hanno usufruito, profittato ed esagerato. Ora pagano, più del dovuto e la loro crisi è la crisi di tutti, la crisi dei consumatori.

Chiudono i negozi, specialmente quelli di piccole dimensioni: tra chiusure e aperture 44mila esercizi in meno nel 2008. Meno botteghe di frutta e verdura, mercerie, macellerie, negozi di scarpe e vestiti, ferramenta, giocattoli e bar. Drogherie: meno 14 per cento. Fiorai: meno 5,2 per cento. Macellerie: meno 7,3.  Una nota di puro colore che non consola registra l’incremento solo dei sexy-shop: più 10,8 per cento.

E il 2009 sarà peggiore. Non bastasse, l’Italia paga il sovrapprezzo di una rete commerciale fatta in rapporto alla popolazione di troppe piccole botteghe: un vecchio vizio, una tradizionale stortura economica che accentua il pesante bilancio umano e sociale: finora più di 100mila posti di lavoro perduti nel commercio. Quota 200mila non è una previsione dettata solo dal malaugurio.