Schettino seduto sullo scoglio guarda la tragedia, “e potrebbe rifarlo”

Pubblicato il 18 Gennaio 2012 - 19:24 OLTRE 6 MESI FA

Francesco Schettino (foto LaPresse)

ISOLA DEL GIGLIO (GROSSETO) – Dallo scoglio guardava la Costa Concordia affondare, e secondo il Gip di Grosseto potrebbe anche rifarlo. Sull’uomo del momento, ovvero il comandante Francesco Schettino, se ne sono dette tante, e tante ancora se ne diranno. Ma stavolta a fare il punto sull’operato di “capitan naufragio” è lo stesso Gip di Grosseto, Valeria Montesarchio, che descrive il comportamento del comandante della Costa Concordia nell’ordinanza con cui ne dispone gli arresti domiciliari. E i tre aggettivi che ricorrono sono “imprudente, incapace e sconsiderato”.

Otto pagine che ricostruiscono i fatti ed attribuiscono il disastro alle scelte compiute dall’ufficiale, reo di “condotta gravemente colposa” dall’inizio alla fine: “Nella sconsiderata manovra di eccessivo avvicinamento all’Isola – scrive il Gip – , nella fase dell’impatto con il sottovalutare il danno prodotto nella parte vitale della Costa Concordia e nella fase immediatamente successiva all’impatto, con il ritardo dei segnali di allarme e comunque di segnalazione alle autorità costiere dell’effettiva situazione in cui si trovava la nave”.

Tra i passaggi salienti del testo c’è quello relativo all’abbandono della nave: “Alle 22,58 – scrive il giudice per le indagini preliminari – il comandante ordinava l’abbandono della nave, che comunicava alle autorità costiere, ma durante le operazioni lasciava la nave quando a bordo vi erano ancora almeno un centinaio di persone”. Lo ammette anche il comandante che però, in sede di udienza di convalida, aveva affermato che l’abbandono non fu voluto, ma “necessitato”. Invece, sottolinea il Gip, “è accertato che altri ufficiali a bordo nave coordinarono e diressero le operazioni di salvataggio, mentre il comandante aveva già raggiunto uno scoglio a bordo della scialuppa di salvataggio e si rifiutava di risalire a bordo nave ritenendo ciò una impresa impossibile”.

“E’ evidente e indiscutibile la grave imprudenza e imperizia” con cui ha agito il comandante Schettino, scrive ancora il giudice ricostruendo i comportamenti dell’ufficiale. “Sconsiderata” fu la decisione di avvicinarsi a “0,28 miglia di distanza marina” dall’Isola del Giglio, mentre fu solo un “atto dovuto” la successiva manovra di emergenza, dopo l’impatto della nave con gli scogli, “per limitare il più possibile le conseguenze tragiche del naufragio”. Tra le colpe più gravi di Schettino, sottolinea il Gip, ci sono l’aver sottovalutato il danno subìto dalla nave dopo l’impatto con lo scoglio, malgrado le segnalazioni dalla sala macchine che imbarcava acqua e il conseguente black out elettrico; e l’aver ignorato la gravità della situazione al punto da ritardare il segnale di emergenza: “E’ stato dato solo dopo 30-40 minuti dall’impatto – scrive il giudice – e nel frattempo nessun segnale di allarme esterno veniva dato alle autorità costiere per far capire l’effettiva gravità della situazione a bordo”.

Rischio accentuato dal fatto che Francesco Schettino, secondo il Gip, non si rende conto esattamente di quello che ha fatto, dal momento che, nell’interrogatorio, ricordando l’ultima manovra nei dettagli, ha affermato di ritenersi un “bravo comandante”. Per la somma di queste ragioni, il giudice ha ritenuto eccessiva la misura della detenzione in carcere, ma ha comunque disposto una limitazione della libertà con gli arresti domiciliari, consentendo a Francesco Schettino di raggiungere senza scorta la propria casa di Meta di Sorrento dove dovrà restare fino a diversa decisione dell’autorità giudiziaria e dove potrà intrattenere rapporti esclusivamente con i familiari. Le ragioni del Gip non sono condivise dalla procura di Grosseto, secondo la quale, invece, Schettino potrebbe fuggire. Per questo il procuratore ha preannunciato ricorso al tribunale del riesame. A preoccupare i pm è anche una dichiarazione fatta da Schettino ai carabinieri di Orbetello poco dopo il fermo, nella quale diceva di voler cambiare vita e di non voler mai più salire su una nave.