Giuseppe Stefano Di Negro, è suicidio. Ma la pistola rubata dai soccorritori

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Ottobre 2017 - 10:46 OLTRE 6 MESI FA
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Giuseppe Stefano Di Negro, l’architetto trovato morto a Sarzana (foto Ansa)

SARZANA – Giuseppe Stefano Di Negro probabilmente si è ucciso, ma all’inizio non si era capito potesse trattarsi di suicidio perché qualcuno ha rubato la pistola che l’architetto avrebbe usato. Ipotesi degna di film, eppure gli investigatori che stanno indagando sul giallo di Sarzana stanno arrivando proprio a questa conclusione. Dei ragazzi avrebbero trovato Di Negro agonizzante e hanno deciso di prendersi la pistola ancora fumante per poi rivenderla. Le stesse persone che poi hanno lanciato l’allarme, dando il via ai soccorsi.

Quel che sembra certo è che non è stato un omicidio: a spararsi in bocca un colpo di 38 special sarebbe stato lo stesso Giuseppe Stefano Di Negro, l’architetto spezzino di 50 anni trovato con il cranio fracassato sulle sponde di un torrente nel quartiere Braida di Sarzana (La Spezia) sabato sera. Quindi sarebbe suicidio: il condizionale però è ancora d’obbligo perché quel poco che esce dalle stanze della questura sul ritrovamento della pistola, una colt appunto calibro 38 originariamente in possesso del padre di Di Negro, è contraddittorio e di difficile comprensione.

La pistola sarebbe infatti stata ‘trattenuta’ dai due ragazzi che hanno ritrovato agonizzante Di Negro, arma che è stata poi riconsegnata alla polizia dopo un lungo interrogatorio. Il ‘giallo’ dunque permane, anche se parzialmente sciolto dai primi esiti dell’autopsia e dalle ultime notizie che trapelano dagli inquirenti. La verità ha cominciato ad affiorare con l’esame dell’anatomopatologo. L’autopsia è iniziata proprio dalla testa martoriata dell’architetto che, a prima vista presentava una ferita con avvallamento sull’occipite. Subito si è pensato a un colpo con una mazza o un sasso. Ma il medico legale ha trovato il foro d’entrata di un proiettile nella bocca di Di Negro.

Il proiettile era però vecchio e probabilmente maltenuto tanto che non ha avuto la potenza per uscire dalla teca cranica. Ha provocato la ferita ma non è uscito del tutto. E il medico legale l’ha trovato. Il che ha comportato la necessità di praticare lo stub (il guanto di paraffina, ndr) sulle mani di Di Negro per accertare se sia stato lui a premere il grilletto. Sciolto, anche se parzialmente, il primo nodo se n’è subito presentato un altro. La pistola era originariamente nella disponibilità del padre di Di Negro. Secondo quanto appreso, l’architetto si era recato a casa dei genitori poco prima delle 10 sabato sera, ufficialmente per cercare delle carte. Con tutta probabilità invece ha preso la pistola, è tornato verso la macchina e si è sparato in bocca.

Ma la pistola non è stata trovata. Dato che è impossibile che Di Negro se ne sia disfatto dopo che si è sparato, la pistola doveva essere ancora lì. Ma non c’era. In serata si è appreso che i due ragazzi che avevano trovato agonizzante Di Negro si erano presi l’arma: poi, pressati dalla polizia, hanno consegnato la pistola. Anche per loro, che potrebbero essere accusati di aver alterato la scena del crimine, ci sarà la prova del guanto di paraffina. Ma a mettere la parola fine a questo ‘giallo’ dovrebbe essere la presenza, non confermata dalla polizia, del biglietto di addio lasciato dall’architetto.