Incendio camper rom a Roma: spuntano volto e nome di chi ha lanciato la molotov

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Maggio 2017 - 15:00 OLTRE 6 MESI FA
Incendio camper rom a Roma: spuntano volto e nome di chi ha lanciato la molotov

Incendio camper rom a Roma: spuntano volto e nome di chi ha lanciato la molotov

ROMA – L’uomo che ha lanciato una molotov contro il camper rom a Roma e ha appiccato il rogo in cui sono morte le tre sorelle nomadi ora ha un volto e un nome. Lui e altre due persone hanno preso parte alla spedizione punitiva contro la famiglia rom Halilovic, “rea” di aver collaborato con la polizia sul caso della studentessa cinese Yao uccisa durante una rapina. Si trata di un uomo di circa 30 anni, che ha precedenti per rapina, furto e ricettazione e ora rischia di essere arrestato per omicidio.

Michela Allegri e Alessia Marani sul quotidiano Il Messaggero scrivono che il sospetto è stato identificato grazie alle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza, che hanno permesso di tracciare un identikit preciso. Alto, magro e dal viso scavato, nelle immagini si vede il sospettato lanciare la molotov che ha appiccato le fiamme in cui sono morte Francesca e Angelica, di 10 e 4 anni, e Elizabeth, 20 anni:

“Alcuni testimoni hanno detto a verbale di avere sentito schiamazzi nel piazzale, poco prima del rogo, e di aver distinto almeno tre voci. Gli inquirenti seguono più piste, ma hanno un’idea precisa: la strage avrebbe alle spalle screzi, vendette, tradimenti e interessi economici. Il padre Romano che, con la moglie Mela e gli altri 8 figli, mercoledì notte è riuscito a scampare alle fiamme, ha detto di aver subito minacce. Sua madre ha dichiarato che la famiglia aveva avuto screzi con i parenti dei tre rom finiti in manette per la morte della studentessa cinese derubata e poi travolta da un treno mentre inseguiva i ladri vicino al campo di via Salviati, dove gli Halilovic risiedevano.

Romano ha parlato di altre intimidazioni, che lo hanno spinto a lasciare l’insediamento. La stessa cosa, però, era successa nel campo de la Barbuta, dove la famiglia aveva abitato. L’ultimo avvertimento, una settimana fa: il camper di nonna Halilovic è stato incendiato. A bordo, però, non c’era nessuno. Lo usavano come magazzino dopo la fuga. Ed è nei campi nomadi della Capitale, soprattutto a Salviati, che si concentrano le indagini. Ora si temono ritorsioni e vendette a catena. Tanto che gli accampamenti sono stati blindati, per paura di guerre interne. Risse e violenze, soprattutto tra serbi e bosniaci, non sono una novità. Anche l’esodo degli Halilovic è al centro delle inchiesta. Si scava nel passato del capofamiglia. «Aveva molti nemici per via del suo carattere irascibile e violento, litigava con tutti anche in famiglia, la moglie è succube», dice chi lo conosce”.