Jolly Nero, Costa Concordia, Moby Prince: la maledizione del mare

Pubblicato il 8 Maggio 2013 - 10:05| Aggiornato il 20 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un impatto violento, di notte, nel buio e nel silenzio. La nave che si inclina, le persone che finiscono in mare, i morti, i feriti, i dispersi. Quello che è successo la notte di martedì 7 maggio nel porto di Genova era già accaduto davanti all‘Isola del Giglio, di fronte a Livorno, un anno e mezzo prima.

Come il 13 gennaio del 2012 una manovra sbagliata di un gigante del mare ha ucciso e ferito, distrutto e terrorizzato. Per una manovra sbagliata, come ha chiarito l’indagine della Procura di Grosseto, la Costa Concordia era andata contro gli scogli delle Scole. Per una manovra sbagliata, come ha sottolineato il presidente dell’Autorità portuale di Genova Luigi Merlo, la Jolly Nero si è schiantata contro la torre di controllo piloti.

Al momento ancora non si sa se nel caso di Genova ci siano stati guasti tecnici o errori umani. Un’inchiesta, già aperta, per omicidio colposo proverà a far luce su quello che è successo. Si vedrà se anche qui c’è un comandante Francesco Schettino che ha fatto (o non fatto) qualcosa che invece non andava fatto (o andava fatto).  Quel che per ora si sa è che al timone della nave nel momento dello scontro non c’era il comandante ma un pilota, e che ci sarebbe stata un’avaria.

Se nel naufragio della Concordia morirono 32 persone su 4.239, peggio andò all’altro precedente terribile del mare italiano. Quello della Moby Prince. Era il 10 aprile 1991 quando  il traghetto entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo. A bordo della Moby Prince c’erano 141 persone. Solo uno di loro si salvò, Alessio Bertrand, mozzo di Napoli.  “Mi sono salvato camminando sui cadaveri, ha raccontato, vagando per i percorsi della nave rovente come sui sentieri rocciosi dell’inferno. Mi sono difeso dall’aria incandescente filtrando un po’ di ossigeno con gli stracci imbevuti d’acqua e rifugiandomi a poppa. Poi mi sono buttato in acqua”.

Anche tra i passeggeri della Concordia molti riuscirono a sopravvivere proprio buttandosi in mare. Altri restarono intrappolati nel colosso di metallo. Come quello che si teme possa essere accaduto a Genova. Stavolta intrappolati non in una nave, ma nell’ascensore della torre di controllo. Secondo molti testimoni in quel momento, durante il cambio turno, nella torre c’erano una quindicina di persone. E la paura è proprio che alcuni di loro siano rimasti catturati dalle lamiere di quell’ascensore, precipitato in mare.