Lamezia Terme: il marocchino che ha ucciso 7 ciclisti era drogato. Ora è piantonato in ospedale

Pubblicato il 6 Dicembre 2010 - 08:52 OLTRE 6 MESI FA

Si trova in ospedale, piantonato e guardato a vista Chafik Elketani, il marocchino che domenica mattina ha investito un gruppo di dieci ciclisti uccidendone sette e ferendone tre. L’uomo è accusato di omicidio plurimo aggravato, e la Procura ne ha appunto chiesto subito l’arresto.

Chafik, 21 anni, che era alla guida di una Mercedes 220 classe C è risultato positivo al test della cannabis. Sette mesi fa la Prefettura di Potenza gli aveva sospeso la patente per un’infrazione stradale: un sorpasso in curva. Poi la patente gli fu restituita. Chafik domenica ha ripetuto la stessa infrazione lungo la statale 18 Tirrenica che da Lamezia porta a Gizzeria. Questa volta però è stata una strage.

I corpi dei ciclisti dopo la strage

La procura di Lamezia Terme ha disposto per lui il fermo e adesso è controllato dalla forze dell’ordine all’ospedale di Catanzaro dov’è ricoverato per trauma cranico. È stato già dimesso invece suo nipote, otto anni, che si trovava nell’auto al momento dell’incidente.

Chafik è parente del leader della comunità marocchina locale, detto Ringo, che ha il monopolio del commercio ambulante in tutta la Calabria e mantiene il suo “quartier generale” a Mortilla, pochi chilometri da Lamezia. Il giovane marocchino ha sorpassato un’utilitaria in curva e, probabilmente per l’alta velocità, non è più riuscito a controllare la Mercedes che ha sbattuto su un muretto, si è ribaltata, e prima di finire la corsa sul guardrail ha falciato il gruppo di ciclisti che stavano rientrando a Lamezia.

La scena che si è presentata ai soccorritori è stata tragica. Corpi disseminati sull’asfalto e tra i campi, biciclette aggrovigliate sulle recinzioni delle case.

Clemente Folinazzo, un muratore che è arrivato quasi in diretta sulla scena dell’incidente, ha detto al Corriere della Sera:  “Un’auto mi ha fatto segno di rallentare perchè c’erano delle persone a terra. Mi sono fermato. Ho visto un signore con un bambino che mi veniva incontro. Aveva il viso imbrattato di sangue. Il piccolo piangeva. Mi sono avvicinato al primo corpo che ho visto. Respirava. Ha detto di chiamarsi Gennaro Perri. Ho cercato di dargli dell’acqua, di farlo parlare, ma lui mi diceva di chiamare aiuto. Più in là ho visto altre persone a terra. Mi sembravano tutti morti. Nemmeno una bomba avrebbe potuto provocare qualcosa del genere”.

Gennaro Perri è uno dei tre sopravvissuti. Fa il meccanico e nella strage ha perso un fratello, Rosario. Continua a chiedere sue notizie dal letto

La macchina del marocchino accusato di omicidio

dell’ospedale di Lamezia, dov’è ricoverato. Nessuno dei parenti ha avuto ancora il coraggio di dirgli la verità.

Da cinque anni il gruppo dei ciclisti “della domenica” si riuniva per la solita gita lungo la statale 18 Tirrenica, una strada molto pericolosa che in passato ha fatto decine di vittime. Il gruppo, tutti di Sambiase, era composto da avvocati, commercianti, tecnici e un professore, Fortunato Bernardi, titolare di una palestra. Bernardi, che ha perso la vita, era il padre di Alessandro, un giovane calciatore del Cosenza Calcio che milita nella Lega Pro, e lo zio di Felice Natalino, il difensore dell’Inter che proprio venerdì scorso ha debuttato con la maglia nerazzurra contro la Lazio.

Domenica il gruppo dei ciclisti era composto da 15 persone. Cinque di loro avevano deciso di rientrare prima del previsto, preoccupati per le cattive condizioni del tempo. La notizia della tragica fine dei loro compagni li ha raggiunti mentre erano sotto la doccia.

Il Comune di Lamezia Terme proclamerà il lutto cittadino in occasione dei funerali dei sette ciclisti uccisi. Il sindaco Gianni Speranza si è recato sul luogo dell’incidente ed ha incontrato alcuni dei familiari dei ciclisti. ”La città è’ sgomenta – ha detto Speranza – e si stringe intorno alle famiglie delle persone scomparse. Il lutto è di tutti. Da oggi la città è in lutto anche se formalmente il sarà proclamato per il giorno dei funerali”.

Anche la comunità marocchina di Lamezia è in lutto. ”Siamo dalla parte delle vittime e dei loro familiari – ha detto all’Ansa un rappresentante del locale Centro islamico, Hassan Qablaoui – e per dimostrarlo oggi abbiamo chiuso i nostri negozi e le nostre attività”. A Lamezia, come riferisce Qablaoui, vivono oltre mille marocchini, perlopiù attivi nel commercio e ben integrati. ”Tra poco avremo un incontro con la Digos – ha aggiunto – per valutare l’opportunità di una nostra presenza ai funerali”. ”Stiamo tutti male – ha detto ancora Qablaoui – e crediamo che l’investitore debba pagare per quello che ha fatto, ma vogliamo anche prevenire un offuscamento dell’immagine dell’intera comunità. Non siamo tutti così”.