Consiglieri di Stato vera casta? La casa al Colosseo di Patroni Griffi

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 22 Dicembre 2011 - 13:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E se fossero loro la vera casta, quei magistrati amministrativi che dal Consiglio di Stato traslocano all’Antitrust per poi magari finire al Governo, in un inestricabile intreccio di potenziali conflitti di interessi? La storia di un’altra casa al Colosseo è illuminante, dove stavolta, però, niente accade che sia all’insaputa di nessuno. A parte l’opinione pubblica distratta da altre caste più glamour. Il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi potrebbe scriverci sopra un romanzo appassionante, del genere “Come ho sconfitto l’Inps e ho comprato casa al Colosseo con il mega sconto”. Leggendone la ricostruzione di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, si resta stupefatti più che per l’ordinario tentativo andato a buon fine di pagare meno la casa di un ente, per le modalità perlomeno discutibili (sembra un cartello) assunte da alti funzionari nel gestire cause, ricorsi, relazioni, pareri.

Con la messa in vendita di migliaia di appartamenti degli enti previdenziali del governo Berlusconi nel 2001, le famose cartolarizzazioni, Patroni Griffi ottiene di comprare la casa dove abitava con lo sconto del 30% sul valore di mercato. 2375 euro al metro quadrato invece che i 3900 stimate dall’Agenzia del Territorio alla fine della fiera. Lasciamo stare che per l’assegnazione delle case dell’Inps ci fu uno scandalo che coinvolse i vertici dell’Inps negli anni ’90, per la distribuzione sistematica a politici, sindacalisti e alti burocrati (la modifica del reato di abuso di ufficio sanò il sanabile). Il contenzioso sull’edificio che ospita il ministro nasce quando l’Inps vuole che il palazzo venga considerato di pregio e lo sconto del 30% non sia pertanto più applicato. Difficile dargli torto, il palazzo si trova a Via Monte Oppio 12, accanto al Colosseo, zona prestigiosa per definizione.

C’è chi non ne è persuaso: gli inquilini di Via Monte Oppio 12 fanno ricorso, i giudici del Tar gli danno ragione. Danno ragione, in particolare, a un avvocato brillante e influente, Carlo Malinconico, attualmente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, compagno di banco di Patroni Griffi al Governo. Primo round agli inquilini dei quali tutto si può dire tranne che non sappiano tutelare i propri interessi. L’Inps torna alla carica, non ci sta: può ricorrere al Consiglio di Stato e lo fa. Mal gliene incolse: secondo Rizzo lì si gioca in trasferta. Lo stesso Malinconico, fino a due anni prima era seduto al Consiglio di Stato. Patroni Griffi ci siede in quel momento.  Sorvoliamo sul fatto che il giudicato è collega di chi è chiamato a giudicare. E sorvoliamo sul fatto che nel frattempo ha giudicato un altro ricorso dell’Inps contro un gruppo di inquilini dandogli ragione.

Il secondo round va come deve andare: l’Inps soccombe ancora, il futuro segretario generale dell’Antitrust, Roberto Chieppa, appena insediato su scelta di Corrado Passera, è il relatore del Consiglio di Stato. Il palazzo è salvo, lo sconto resta. Nel 2005 colpo di scena: il Tesoro non vende più. Niente paura: gli inquilini ricorrono alla Corte Costituzionale, la legge sembra fatta apposta su misura per quel palazzo, dicono. Gioco, partita, incontro: la Consulta accoglie il ricorso. Il relatore nel 2007 è Giuseppe Tesauro, ex presidente dell’Antitrust. Dove, sulla poltrona di segretario generale, siede l’ex Consigliere di Stato che giudicava le decisioni appunto dell’Antitrust. Tutto torna.