Puglia, treno da Andria non doveva essere lì. Indagati ferrovieri

di redazione Blitz
Pubblicato il 13 Luglio 2016 - 21:54 OLTRE 6 MESI FA
Puglia, treno da Andria non doveva essere lì. Indagati ferrovieri

Puglia, treno da Andria non doveva essere lì. Indagati ferrovieri

TRANI – Quel treno non doveva partire dalla stazione di Andria. La procura di Trani mette il primo tassello nell’indagine sulla strage nelle campagne pugliesi e iscrive alcuni nominativi nel registro degli indagati. Una decisione maturata nella serata di mercoledì ma che il procuratore facente funzioni Francesco Giannella aveva anticipato ai giornalisti nel pomeriggio: “per qualche ora ancora non ci sono indagati”.

Il fascicolo aperto con le ipotesi di reato di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo punta dunque dritto al personale di Ferrotranviaria che era in servizio nelle stazioni di Andria e Corato: i due capistazione, innanzitutto, ma anche eventuali collaboratori. Perché gli accertamenti fin qui svolti se non hanno ancora consentito di ricostruire con esattezza la dinamica dell’incidente, hanno però permesso di avere alcuni punti fermi.

Primo tra tutti il segnale di partenza dato al treno fermo ad Andria: quel convoglio si è mosso quando non doveva, con l’ok del capostazione e il semaforo verde di via libera. Cosa è accaduto? C’è stato solo un errore umano, ipotesi prevalente tra gli inquirenti, o anche un guasto tecnico che ha azionato il semaforo? Prima di iscrivere i nominativi dei dipendenti di Ferrotramviaria, la prima mossa del procuratore è stata quella di costituire un pool di quattro magistrati che, assieme a lui, indagherà in ogni direzione.

“Dobbiamo scandagliare ogni possibilità – ha spiegato il pm – anche per non fare l’errore di fermarci a quello che è accaduto ieri”. La linea, dunque, è chiara ed ipotizza tre livelli d’indagine: da un lato si procederà ad individuare le singole responsabilità nella catena di controllo che ha autorizzato il treno a lasciare la stazione di Andria, dall’altro si prenderanno in considerazione la sicurezza dei controlli da parte degli enti preposti e la questione del raddoppio della linea, la sua messa in sicurezza e l’utilizzo dei fondi per arrivare all’individuazione di altri soggetti che potrebbero avere ruoli tutt’altro che marginali.

Come sono stati usati i fondi europei stanziati per il raddoppio della linea Bari-Barletta? Perché i lavori hanno accumulato così tanto ritardo? E ancora: i sistemi di sicurezza sono adeguati rispetto alla normativa in vigore? Già in passato si erano verificate delle criticità che dovevano far scattare l’allarme e che non sono state segnalate? Tutte domande che richiedono una risposta chiara, perché non è pensabile che le responsabilità di un simile disastro possano essere addebitate solo ad un errore umano. La decisione di procedere fin da subito su più fronti ha fatto sì che ogni magistrato si occuperà di un aspetto dell’inchiesta.

Ed è ovvio che i primi accertamenti riguarderanno proprio le responsabilità dei capistazione V.P e A.P e gli eventuali loro collaboratori per accertare chi ha sbagliato nel dare il segnale di partenza. Senza dimenticare che la catena di controllo prevede un ruolo ‘attivo’ anche per i capitreno a bordo dei convogli: uno dei due, Albino Di Nicolo, è però morto nello schianto; l’altro, Nicola Lorizzo, è ricoverato in ospedale.

E’ questo il motivo per cui gli investigatori della Polfer, dopo aver recuperato nella serata di ieri le scatole nere, hanno proceduto a sequestrare una serie di documenti che serviranno proprio a chiarire i ruoli di ciascuno: i brogliacci di movimento dei treni, le immagini delle telecamere delle stazioni di Andria e Corato e del sistema di videosorveglianza installato su almeno uno dei due convogli, le conversazioni telefoniche tra i due capistazione, trascritte in un fonogramma.

Proprio dalla visione delle immagini delle stazioni, gli investigatori avrebbero già potuto accertare due elementi importanti. Dopo la partenza del treno da Andria, infatti, non si sono registrate scene di disperazione o attività particolari: significa che nessuno dei due capistazione si è accordo di aver commesso un errore. Inoltre, il macchinista del treno proveniente da Andria non poteva far altro che partire: oltre all’ok del capostazione, aveva anche il segnale di via libera sulla linea.

Gli investigatori hanno inoltre verificato che erano due i treni delle Ferrovie del nord barese provenienti da Corato e diretti verso nord e che uno di questi viaggiava in ritardo: potrebbe essere stata questa la circostanza che avrebbe indotto il capostazione di Andria a dare il via libera al treno. Un errore che nessuno nega. “Il treno che è partito per secondo – dice il procuratore Giannella – non doveva partire”.

“L’unica stazione di incrocio è quella di Andria – aggiunte il direttore generale di Ferrotranviaria Massimo Nitti – Quel treno che scendeva da Andria, lì non ci doveva essere”. Ma Nitti ha anche difeso il sistema di comunicazione e sicurezza basato su un fonogramma, il cosiddetto “consenso telefonico”: “è una delle modalità di esercizio che viene regolarmente utilizzata nelle ferrovie”.

Sicuramente ha ragione, ma i magistrati vogliono capire se davvero tutti i regolamenti e le norme in vigore sono state rispettate. Così come vogliono far luce sulla questione del raddoppio della linea: il progetto è previsto dal 2008 e doveva concludersi nel 2015. Ovviamente non si è concluso. Perché? “Dobbiamo capire. Ci sono tante cose da vedere e da incrociare” si limita a dire il procuratore. L’indagine è soltanto all’inizio.