Rapina in villa, la polizia di Pisa indaga sulle impronte digitali

Pubblicato il 16 Aprile 2011 - 19:18 OLTRE 6 MESI FA

PISA – Potrebbero essere le impronte digitali lasciate su un bicchiere e sul telefonino del figlio della vittima a dare una svolta alle indagini della squadra mobile nella ricerca dei banditi che due notti fa hanno fatto irruzione nella villa dell’imprenditore Mauro Franceschi, morto d’infarto poco dopo, a Visignano di Cascina (Pisa). La polizia sta dando la caccia a 4-5 persone di origine romena o albanese.

Il cellulare di Massimiliano Franceschi è stato sequestrato e ora è all’esame della polizia scientifica, che sta ricostruendo l’esatta dinamica dei fatti anche in seguito alla lunga deposizione rilasciata ieri dal giovane. Massimiliano Franceschi è stato immobilizzato a letto, ma quando il padre ha accusato il malore fatale, uno dei delinquenti, quello che lo teneva d’occhio nella sua camera, gli ha passato il telefono dopo avere composto il numero del 118 per chiedere aiuto. La polizia sta anche indagando tra i dipendenti dell’azienda di Franceschi per capire se il colpo in villa sia stato organizzato proprio nell’ambiente di lavoro della famiglia di imprenditori.

Intanto, Massimiliano Franceschi corregge le indiscrezioni di stampa relative al bottino della rapina e racconta i drammatici momenti vissuti l’altra notte: ”Non so quanto denaro ci fosse in cassaforte, ma credo molto meno dei 70 mila euro di cui si è parlato. Avevamo incassato denaro contante da una recente fiera, ma mio padre aveva effettuato alcuni pagamenti nei giorni scorsi e non era tipo da tenere tutti quei soldi in casa. Non è stato lui ad aprire la cassaforte, ma i rapinatori stessi. Ho detto loro i tre punti della casa dove potevano essere le chiavi e hanno fatto tutto da soli, prendendo anche l’orologio Rolex di mio padre e i gioielli che mio nonno ha collezionato per una vita e che ha lasciato in eredità a mia madre”.

L’irruzione, nel ricordo del giovane, è durata meno di un quarto d’ora intorno all’una di notte: ”Ero a letto quando mi hanno svegliato e immobilizzato, legandomi e tenendomi fermo con un gomito o un ginocchio sulla schiena. Ero con il viso sul letto, sentivo mio padre gridare e supplicavo i banditi di non fargli del male perche’ era malato. Era in dialisi e aveva fatto il trattamento la mattina stessa. Era molto debole ed ero sicuro che sarebbe accaduto qualcosa di grave. Avevo una pistola puntata alla testa e non riuscivo a muovermi. Ero come paralizzato, terrorizzato. Poi quello che mi teneva fermo, che parlava italiano ma con accento dell’Europa dell’Est, mi ha chiesto quale numero avrebbe dovuto fare per chiamare un medico”.

“Si sentiva che aveva paura anche lui. Forse non avevano calcolato che ci potesse scappare il morto – ha aggiunto -. Ha composto il numero del 118 sul mio cellulare e me lo ha avvicinato al viso. Loro sono fuggiti immediatamente. Nel frattempo sono riuscito a liberarmi e ho visto mio padre a terra nella sua camera”. Nella concitazione di quei minuti, Massimiliano ha chiesto anche da bere ai rapinatori che gli hanno portato dell’acqua dentro a un bicchiere. E anche su questo oggetto si concentrano le analisi della scientifica per cercare di rilevare le impronte digitali dei malviventi o altri indizi utili alle indagini.