“Borsellino ucciso perchè ostacolava la trattativa Stato-Mafia”

Pubblicato il 8 Marzo 2012 - 08:08 OLTRE 6 MESI FA

CALTANISSETTA – Il giudice Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia assieme a cinque uomini della sua scorta nell’attentato di via D’Amelio perchè era percepito dal boss di Cosa Nostra Totò Riina come un “ostacolo” alla trattativa con esponenti delle istituzioni. Una trattativa che “sembrava essere arrivata su un binario morto” e che il capomafia voleva “rivitalizzare” con una sanguinaria esibizione di potenza. Nuova svolta dunque per le indagini sulla strage di via D’Amelio. La Dia ha infatti eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare del Gip di Caltanissetta per 4 indagati nella nuova inchiesta sulla strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Riguardano uno dei presunti mandanti, il boss Salvatore Madonia, e due presunti esecutori, Vittorio Tutino e Salvatore Vitale. Un’altra ordinanza è stata eseguita per un pentito, Calogero Pulci per falsa testimonianza.

Il provvedimento è stato notificato dalla Dia in carcere a Madonia e Tutino, perchè già detenuti, e nella casa di cura in cui è ricoverato, agli arresti domiciliari, per gravi patologie a Vitale. L’ordinanza scaturisce dall’inchiesta aperta dalla Procura nissena sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che ha portato alla revisione dei processi “Borsellino” e “Borsellino-bis” davanti la Corte d’appello di Catania. Lo stesso pentito è indagato, così come Madonia, Tutino e Vitale, per strage aggravata. Ma agli arrestati sono stati attribuiti anche altri reati quali l’aver agevolato l’associazione mafiosa e avere agito anche per fini terroristici.

Tutino è accusato di aver effettuato, assieme a Spatuzza, il furto della Fiat 126 da utilizzare per la strage. Avrebbe anche procurato due batterie e un’antenna, necessari per alimentare e collegare i dispositivi di innesco dell’esplosivo collocato nella Fiat 126 parcheggiata in via D’Amelio. Salvatore Vitale, già condannato per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, avrebbe procurato l’esplosivo i congegni elettronici per l’autobomba, e sarebbe stato la “talpa” degli attentatori in via D’Amelio, dove abitava in un appartamento situato al piano terra dello stesso edificio in cui viveva Rita Borsellino, la sorella del magistrato.

Da quella posizione “privilegiata”, Vitale secondo l’accusa fornì supporto logistico per la preparazione della strage e informazioni indispensabili circa la presenza e le abitudini della famiglia, e soprattutto sulle visite che il giudice Borsellino faceva ai familiari in via D’Amelio. Vitale avrebbe inoltre messo a disposizione di Giuseppe Graviano il suo maneggio in contrada Regia Corte, dove Spatuzza ha riferito di aver consegnato allo stesso Graviano le targhe per la Fiat 126 imbottita di esplosivo.

Le nuove ordinanze di custodia cautelare si inquadrano nella revisione dei processi sulla strage di via d’Amelio e darebbero corpo alla nuova ricostruzione dei veri motivi dell’uccisione del giudice palermitano e della sua scorta.  “La tempistica della strage è stata certamente influenzata dall’esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa nostra” si legge negli atti della Procura di Caltanissetta. “Dalle indagini è altresì risultato”, scrivono ancora i Pm nisseni che al riguardo richiamano la testimonianza di Liliana Ferraro, succeduta a Giovanni Falcone al ministero della Giustizia, “che della trattativa era stato informato anche il dottor Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest’ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all’ipotesi dell’esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale ostacolo da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage”.

“La strategia della tensione non ha mai abbandonato l’Italia”, ha detto il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, a Caltanissetta parlando degli arresti. “Spesso in momenti di particolare destabilizzazione e confusione del quadro politico dopo Tangentopoli – dice Grasso – c’era il pericolo di una deriva che portasse a mutamenti politici magari non graditi”. Poi ha aggiunto: “Non bisogna mai abbandonare il percorso verso la verità, anche se è passato tanto tempo e ci sono verità processuali definitive. Auspico che continui questa strada verso la verità e la giustizia. Non si abbandonerà mai questa idea di giustizia – dice -, bisogna sempre cercare elementi per raggiungere la verità”.