Bancario leccese morto in carcere in Messico, magistrati e poliziotti a giudizio per omicidio in Italia

Pubblicato il 20 Dicembre 2010 - 14:46 OLTRE 6 MESI FA

Simone Renda

Otto tra magistrati e poliziotti messicani sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Lecce Vincenzo Brancato per l’omicidio volontario del bancario leccese Simone Renda, di 34 anni, compiuto il 3 marzo 2007 nel carcere di Playa del Carmen, dove era in vacanza.

Si tratta della prima applicazione in Italia della Convenzione di New York del 1988 la quale prevede, in caso di trattamenti disumani e degradanti, la giurisdizione nel Paese della vittima di tali soprusi. Renda, arrestato per una presunta infrazione amministrativa, rimase 42 ore in cella senza luce, cibo e acqua prima di morire.

Gli otto cittadini messicani rinviati a giudizio dinanzi alla Corte d’assise di Lecce sono il giudice qualificatore Hermilla Valero Gonzales, gli agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen, Francisco Javier Frias e Josè Alfredo Martinez, il responsabile dell’ Ufficio ricezione del carcere di Playa del Carmen, Gomez Cruz, i vicedirettori del carcere municipale, Pedro May Balam e Arceno Parra Cano (subentrato al primo il 2 marzo 2007), le guardie carcerarie Luis Alberto Arcos e Najera Sanchez Enrique.

L’accusa iniziale, abbandono di persona incapace da cui è derivata la morte, è stata infine derubricata in concorso in omicidio volontario per aver sottoposto la vittima a trattamenti crudeli, inumani e degradanti per punirlo di una presunta infrazione amministrativa, durante la detenzione in carcere. Renda fu colpito da un infarto la notte del primo marzo 2007; fu arrestato per atti contrari alla pubblica decenza essendo uscito in mutande dalla camera d’albergo nel tentativo di avere un aiuto. Fu rinchiuso in carcere e lasciato morire, con l’infarto in corso, senza ottenere alcuna assistenza.