Donne d’Impresa: Diletta Scalpone, lavora in Svizzera ma non è cervello in fuga, sogni nel cassetto e la famiglia

Donne d’Impresa: Diletta Scalpone, lavora in Svizzera ma non è cervello in fuga, il sogno nel cassetto e i valori trasmessi dalla famiglia

di Orietta Malvisi Moretti
Pubblicato il 12 Febbraio 2023 - 17:39 OLTRE 6 MESI FA
donne

Diletta Scalpone

Donne d’Impresa: Diletta Scalpone: classe 1996, laurea in Scienze Politiche alla Luiss di Roma, specialista in pubbliche relazioni in Svizzera, fa la spola fra Roma e la Svizzera.

Le abbiamo chiesto.   

La sua decisione di andare a lavorare in Svizzera è stata una scelta o una necessità? 

Ho la fortuna di poter dire che è stata una scelta. La vocazione e gli studi internazionali, insieme alle esperienze vissute all’estero, hanno maturato in me il desiderio di continuare la mia formazione al di fuori dei confini italiani. Mi sento molto fortunata: lavorare per un’azienda di lusso è per me un lusso stesso. 

È per questo che convivono in me la grinta volta a valorizzare al meglio questa opportunità, e un senso di responsabilità verso me stessa di fronte alla consapevolezza di avere tanto da imparare.

Cosa ci può raccontare della sua esperienza lavorativa? 

Gli svizzeri hanno sicuramente uno spirito e un modus vivendi diverso da noi italiani, ma ho sempre pensato che c’è da imparare da tutti. Il rispetto verso gli altri è sicuramente quello che apprezzo di più, e che in un contesto lavorativo favorisce una buona comunicazione e cooperazione (mi sono trovata e continuo a trovarmi molto bene nel lavorare con loro). 

Di fronte a inevitabili momenti di sconforto, a livello personale o professionale, cerco di ricordarmi sempre che ho scelto di essere dove sono, e che quello che sto costruendo lontano da casa mi permetterà di tornarci con le spalle più solide, e con prospettive di più ampia veduta.

La fortuna di incontrare amici italiani è stata per me la certezza che in un buon piatto di pasta e in una serata all’insegna di musica e risate ci siano gli ingredienti essenziali per sentirci meno lontani da casa. 

Come si è difesa dal malessere che accumuna molti giovani fin dai banchi del liceo? 

Devo sicuramente ringraziare i miei genitori: i valori che mi hanno trasmesso di impegno, dedizione, perseveranza e senso del dovere mi hanno incoraggiata a non arrendermi mai di fronte alle difficoltà, ma ad affrontarle con questi valori sempre ancorati al mio cammino.

Mi hanno insegnato a non scegliere la strada apparentemente più facile e a non cedere a compromessi che solo apparentemente sembrano venirci incontro, ma che si rivelano poi fonte di sofferenza dalla quale non sempre è facile riprendersi. Non ho mai messo in dubbio che la mia famiglia fosse l’unica vera, e sana, ancora di salvezza.  

Qual è il suo sogno nel cassetto e come pensa di poterlo realizzare?

Ad oggi il mio auspicio è di continuare a maturare conoscenze e competenze che mi formino come persona e come professionista. Mentirei se dicessi che un sogno ben definito è impacchettato nel mio cassetto. Allo stesso tempo però, individuo in quel cassetto le fondamenta del mio passato e del mio presente, dalle relazioni internazionali, alla comunicazione aziendale. 

Sono sicura che a questo bagaglio, che continuerà ad accompagnarmi, si aggiungeranno gli elementi che arricchiranno il mio domani. Ogni esperienza mi ha permesso di acquisire un po’ di consapevolezza in più su di me e su quello che desidero. Ma al momento preferisco ancora tenere il mio cassetto al sicuro e vivere il presente con la speranza, per me concreta, che con la curiosità, l’impegno e la dedizione di sempre, il sogno prenderà forma da solo e da quello stesso cassetto spiccherà il volo.