Benvenuta debolezza: cambio euro-dollaro ai minimi, l’export corre

Pubblicato il 12 Gennaio 2012 - 11:55 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Ultime dal mercato dei cambi (alle 11 di giovedì 12 gennaio): un euro viene scambiato a 1.2704 dollari. E il mercato, secondo gli analisti, è al momento in mano ai venditori e si conferma la tendenza al ribasso della valuta europea. Hurrah di soddisfazione tra i piccoli e medi imprenditori che sperano di incrementare la quota di export nei paesi extraeuropei. “Benvenuta debolezza”, allora, come recitava un titolo del Financial Times del 2010, in piena tempesta finanziaria? Si direbbe di sì: il cambio con il dollaro è ai minimi da oltre un anno e nello stesso periodo le esportazioni sono cresciute nel mondo del 12,5%, nei paesi extra Ue del 12,5%, negli Usa del 12,1, in Cina del 18,3%, in Giappone del 19,6%, in Turchia del 22,7%. La “debolezza” va mantenuta” in prospettiva” – affermava il Financial Times – poiché in base alla maggior parte degli standard, l’euro è ancora forte. “Ci sono molte debolezze nell’eurozona. Il fatto che le esportazioni diventino meno care non è una di queste”. Debolezza come sinonimo di competitività, quindi: un puntello significativo per la crescita.

A novembre si è registrata una leggera flessione, per questo tra gli imprenditori dell’automazione e della meccanica, dell’arredamento e design per la casa, dell’abbigliamento e della moda, si guarda con favore, si spera in una ulteriore svalutazione dell’euro. “Ogni centesimo in meno equivale a un aiuto per la nostra meccanica e limita il divario con i competitor coreani” commenta Alberto Ribolla, imprenditore e dell’impiantistica e presidente del Club dei 15 sul Sole 24 Ore. Certo, chi come noi e la Germania, esporta in tutto il mondo, lo fa perché vende prodotti di qualità, ad alto contenuto tecnologico. Su quello non si deve transigere: ma intanto ci si sfrega le mani guardando ai crediti ancora da esigere che lievitano.

La quota attuale del cambio euro-dollaro potrebbe rappresentare davvero il punto di equilibrio migliore per la nostra economia. Va considerato che con il dollaro più forte si sconta un prezzo maggiorato del carburante (il barile di petrolio si prezza in dollari) e una discesa troppo rapida dell’euro darebbe un segnale inequivocabile di sfiducia, con ricadute pesanti sui titoli di stato. Anche perché, come rivela Nicolò Codini, imprenditore meccanico che esporta la quasi totalità della sua produzione nell’area del dollaro “l’euro in passato è sceso anche a quota 0,80, come si fa a dire che oggi è debole?” Per ora, comunque, si contano e si aspettano altri benefici dal cambio, senza una corsa ad abbassare le tariffe. Del resto, continua Codini, “quando è arrivato a 1,60 ho preferito vendere in perdita piuttosto che perdere i clienti e comunque sono trent’anni che che effettuo coperture a termine sul cambio”. Giusto, ma anche un aiutino dall’euro debole non guasta.