Melfi, la Fiom a muso duro: presenta denuncia contro Fiat

Pubblicato il 23 Agosto 2010 - 20:04 OLTRE 6 MESI FA

Per la Fiat i tre operai licenziati e reintegrati non possono lavorare? Fiom parte all’attacco contro l’azienda, con tanto di denuncia presentata ai carabinieri.

A detta del sindacato di categoria della Basilicata la Fiat non ha rispettato la sentenza con la quale, il 9 agosto scorso, il giudice del lavoro ha reintegrato al loro posto nello stabilimento di Melfi, Potenza, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli.

I tre in fabbrica il 23 agosto ci sono tornati, ma alla fine non ci sono rimasti a lavorare. Alle 13.30 circa hanno varcato i cancelli, con avvocato e ufficiale al seguito, ma l’azienda li ha messi a far nulla. Fiat ha ribadito che non li avrebbe rimessi alle macchine: solo attività sindacale, ma senza tornare alle linee di produzione. Così sono usciti, di nuovo, dallo stabilimento, perché il Lingotto, per ora,  riconosce loro lo stipendio, ma non il reinserimento al lavoro. L’avvocato Lina Grosso, legale della Fiom, già nel primo pomeriggio di lunedì, dopo uno sciopero lampo, aveva annunciato le sue intenzioni di procedere per via penale, poi concretizzatesi in serata.

Gli operai poi hanno tirato in ballo anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché non li “faccia vergognare di essere italiani”. A farsi portavoce anche dei suoi compagni di “sventura” Giovanni Barozzino:  “Lancio un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: non ci faccia vergognare di essere italiani”.

“Vogliamo solo il nostro lavoro, come ha deciso il giudice”, ha aggiunto Barozzino parlando ai cronisti. “Non vogliamo essere confinati in una saletta sindacale – ha aggiunto – che è distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Dalla saletta – ha concluso Barozzino – non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno”.

Fiat però non ha voluto e non vuole sentire ragioni, l’azienda ritiene di essere nel giusto e anzi dice che le misure adottate sono leggittime: ”I comportamenti contestati ai tre scioperanti sono stati di estrema gravità in quanto, determinando il blocco della produzione, hanno leso la libertà d’impresa, causato un danno economico e condizionato il diritto al lavoro della maggioranza degli altri dipendenti che non avevano aderito allo sciopero”.